Kent Haruf e le storie dalla terra

“We got one last chance to make it real
To trade in these wings on some wheels
Climb in back
Heaven’s waiting on down the tracks
Oh oh come take my hand
Riding out tonight to case the promised land”

(Abbiamo un’ultima possibilità per farli avverare [i sogni], per scambiare con delle buone ruote le nostre ali. Salta su, il Paradiso ci aspetta lungo il percorso. Dai, prendi la mia mano, stanotte cercheremo di raggiungere la terra promessa)

Thunder Road, Bruce Springsteen

Se c’è un autore che ho scoperto e che ha caratterizzato tutto il mio 2021 con un amore a prima lettura è sicuramente è Kent Haruf. A lui dedico questo lungo post, alla fine del quale trovate gli incipit dei suoi romanzi, che vi invito a leggere perché sono sicura che non rimarrete delusi.

Tutti i libri di Kent Haruf sono pubblicati in Italia da NN Editore

Alan Kent Haruf nasce nel 1943 a Pueblo, città nel sud del Colorado, sul fiume Arkansas.

La vita qui non deve essere facile. Non è il sogno americano quello che si vive fuori dalle grandi metropoli. È una vita fatta di fatica, violenza, solitudine, soprusi, conflitti, infanzia violata nel corpo e nello spirito. Un mondo intero di luci e ombre che entra nei libri di Haruf, rinascendo sotto le mentite spoglie di Holt. Città che sulla carta del Colorado non troverete mai ma che esiste, vera e prepotente, nella testa del suo inventore, talmente chiara che se ne riesce perfino a disegnare la geografia.

La trovate, è alla fine di Le nostre anime di notte (Our Souls At Night), provate a cercarla.

Kent è figlio di un pastore e di una insegnante, si laurea alla Nebraska Wesleyan University e si forma leggendo William Faulkner e Ernest Hemingway.

Come molti altri autori, anche suoi contemporanei, prima di riuscire a mantenersi con la sola attività di scrittore svolge molti altri lavori: insegnante, bracciante, bibliotecario.

Ma la sua strada è la scrittura e lotta a lungo per realizzare questa vocazione.

Pubblica i primi racconti all’inizio degli anni ’80; il primo romanzo, Vincoli (The Tie That Binds) è del 1984.

Per uno strano scherzo del destino, la sua consacrazione e il riconoscimento da parte della critica arrivano solo nel 1999 con Canto della pianura (Plainsong). Haruf ha 56 anni.

Muore nel 2014 a Salida, cittadina poco distante da Pueblo, tornato a vivere in Colorado dopo una vita trascorsa in giro per gli Stati Uniti e dieci anni in Illinois. Coincidenza, sceglie di trascorrere gli ultimi anni della sua vita nel posto a cui apparteneva, proprio come il titolo (in originale) di La strada di casa: Where You Once Belonged.

Ci ha lasciato in eredità sei meravigliosi romanzi, tutti scritti dopo i quarant’anni, tutte opere mature, profonde, strazianti e bellissime allo stesso tempo.

La scrittura di Haruf è piana, semplice e terribilmente aderente alla realtà, cadenzata da dialoghi in discorso diretto libero, senza marcatori di punteggiatura, tecnica difficilissima da padroneggiare e usata tra l’altro da pochi altri grandi autori come Josè Saramago, in forma ancora più estrema, e Cormac McCarthy.  

Nel suo primo romanzo, Vincoli, sono già presenti tanti dei temi che, quasi come un’ossessione, ritornano nelle opere di Haruf: la voce narrante in terza persona, l’attaccamento alla terra e alla fatica del lavoro nei campi, la presentazione dell’infanzia come momento della vita che non è esente dal dolore e dalla morte, la sofferenza nell’esistenza, amanti che il destino avverso separa, la violenza della società che si incarna, in ogni libro, in un personaggio.

Ma anche temi positivi come la ricerca del riscatto sociale, l’amore come possibile redenzione, che rende la vita degna di essere vissuta, a prescindere dall’età, l’onore, la compassione. C’è poi la Storia, che fa da cornice agli eventi ma resta sempre sullo sfondo, perché tutte le storie di Kent Haruf sono senza tempo.

E poi ancora l’intreccio tutto particolare che riesce a creare nei suoi romanzi, che non hanno praticamente mai un solo protagonista, ma tante piccole storie, ognuna con un proprio sviluppo e un proprio arco di trasformazione, che a volte si intreccia alle altre storie, o a una sola di esse, solo alla fine del romanzo. In ogni libro inoltre ci sono piccoli rimandi agli altri, come se Haruf si fosse divertito a giocare con lettore che deve riuscire a riconoscere il dettaglio, il particolare che rimanda a un altro dei romanzi di Haruf, sempre dentro al micro cosmo di Holt.

E il legame con la terra, la sua terra, il Colorado che è tutto lì fra le case, le vie, i campi e i sassi di Holt.

Buona lettura.

Vincoli. Le origini di Holt (The Tie That Binds)

Prima edizione 1984

“Edith Goodnough non vive più in campagna. Ormai sta in città, in ospedale, in quel letto bianco, con un ago infilato nel dorso della mano e un uomo che la sorveglia in corridoio, fuori dalla sua stanza. Questa settimana compie ottant’anni: una donna linda, bella, con i capelli bianchi, che in vita sua non è mai arrivata a pesare cinquanta chili e che da Capodanno ne pesa ancora meno di così.”

Libro che si apre come un giallo, con un omicidio, ma si rivela un’epopea storica che ci porta in un viaggio dalla fine del XIX alla metà degli anni ’70, in un’America in continua evoluzione, che però nel mondo chiuso di Holt sembra rimanere sempre uguale e se stessa.

Un cerchio che inizia e si chiude nel 1977.

La strada di casa (Where You Once Belonged)

Prima edizione 1990

“Alla fine Jack Burdette tornò a Holt. Nessuno di noi se l’aspettava più. Erano otto anni che se n’era andato e per tutto quel tempo nessuno aveva saputo niente di lui. Persino la polizia aveva smesso di cercarlo. Avevano ricostruito i suoi movimenti fino alla California, ma dopo il suo arrivo a Los Angeles se l’erano perso e a un certo punto avevano rinunciato.”

Il libro che più ho amato, il primo che ho letto e il più poetico fra i libri di Haruf*.

Trilogia della pianura

Benedizione (Benediction) – I libro

Prima edizione 2013

“Appena gli esiti dell’esame furono pronti, l’infermiere li chiamò nell’ambulatorio, e quando il medico entrò nella stanza diede un’occhiata e li invitò a sedersi. Capirono come stavano le cose guardandolo in faccia.”

Il più intimo fra i libri della trilogia, per il tema che tratta: il rapporto con noi stessi davanti alla vita che finisce. Cosa succede dei nostri rimpianti, dei fallimenti e delle occasioni perse per sempre?

Canto della pianura (Plainsong) – II libro

Prima edizione 1999

“A Holt c’ere quest’uomo, Tom Guthrie, se ne stava in piedi alla finestra della cucina, sul retro di casa sua, fumava una sigaretta e guardava fuori, verso il cortile posteriore su cui proprio in quel momento stava spuntando il giorno. Quando il sole ebbe raggiunto la sommità del mulino a vento, l’uomo rimase a guardare la luce che si faceva sempre più rossa sulle alette di acciaio e sulla coda, alte sulla piattaforma in legno.”

Lente di ingrandimento puntata in questo caso sull’inizio della vita, sul suo sbocciare a dispetto delle avversità del mondo.

Crepuscolo (Eventide) – III libro

Prima edizione 2004

“Tornarono dalla scuderia nella luce obliqua del primo mattino. I fratelli McPheron, Harold e Raymond. Vecchi che si avvicinavano a una vecchia casa alla fine dell’estate. Attraversarono il vialetto sterrato, superarono il furgone e l’automobile parcheggiata accanto alla recinzione in rete metallica e varcarono il cancello l’uno dopo l’altro.”

In Crepuscolo ritroviamo alcuni dei protagonisti di Canto della Pianura, nel più malinconico dei libri della trilogia. Preparate i fazzoletti.

Le nostre anime di notte (Our Souls at Night)

Prima edizione 2015

“E poi ci fu il giorno in cui Addie Moore fece una telefonata a Louis Water. Era una sera di maggio, appena prima che facesse buio.

Vivevano a un isolato di distanza da Cedar Street, nella parte più vecchia della città, olmi e bagolari e solo un acero cresciuti sul ciglio della strada e prati verdi che si stendevano sul marciapiede fino alle case a due piani.”

Opera con cui Haruf si congeda dalla letteratura, e in fondo dalla vita. Una storia romantica e anticonvenzionale, su un argomento che spesso è ancora considerato un tabù: l’amore fra due persone anziane. Nel 2017 ne è stato tratto un bellissimo film omonimo, con Robert Redford e Jane Fonda.

Tutti i libri di Kent Haruf sono tradotti in italiano da Fabio Cremonesi, puoi acquistarli anche su Amazon cliccando sul titolo del libro in neretto e sottolineato.

Visita il sito web della casa editrice su www.nneditore.it

Paola Cavioni

14 dicembre 2021

*Puoi leggere la recensione del libro, già pubblicata su Righe di Arte, a questo link:

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Righediarte, intervista con l’autrice Silvia Zucca

Il mio primo personale incontro con i romanzi di Silvia Zucca risale all’inizio del 2019, quando quasi per caso comprai Il cielo dopo di noi*, pubblicato qualche mese prima da Editrice Nord. E fu amore a prima lettura.

M’innamorai della complessità tutta umana dei suoi personaggi, della storia, persino della copertina che, con una veste grafica molto semplice ma d’effetto, presentava una ragazza seduta ai lati di una strada sterrata, le gambe strette in vita, una bicicletta alle sue spalle e lo sfondo con il cielo azzurro a riprendere il titolo.  

Leggere Silvia Zucca regala la stessa piacevole sensazione di quando ci si trova in compagnia di una cara amica di lunga data. Un’amica che può offrirti un tè all’inglese nel salotto di casa, in un pomeriggio qualunque, ma che un minuto dopo può anche dirti “prepara la valigia perché domani si vola a Londra”.  Imprevedibile.

E con uno stile sempre ricercato ed elegante, mai scontata nei contenuti e nelle trame.

Di tenebra e d’amore (More Stories), acquistabile anche in formato Kindle

Silvia è di nuovo in libreria dallo scorso ottobre con Di tenebra e d’amore, che non è il suo ultimo romanzo in ordine cronologico (fra poco scoprirete il perché), romance storico ambientato fra la Francia e l’Inghilterra di fine ‘800 che ha per protagonisti i giovani Odyle e Tristan, due “eroi” tutt’altro che convenzionali…

Oggi l’autrice regala un po’ del suo tempo ai lettori di Righediarte concedendomi una una lunga intervista.

Quindi mettetevi comodi, rilassatevi e… buona lettura.

Righediarte. Ciao Silvia, anzitutto ti ringrazio per avere accettato il mio invito ad esplorare un po’ il tuo mondo in questa intervista, dove non si parlerà solo dei tuoi libri ma anche di tanto altro.

Vorrei però iniziare dal tuo ultimo romanzo: Di tenebra e d’amore è ambientato in Inghilterra alla fine del XIX secolo, epoca della rivoluzione industriale e di grandi scoperte e innovazioni tecnologiche, alcune delle quali sono ben raccontate nel romanzo. Quali sono stati i testi fondamentali per la ricostruzione del contesto storico in cui si inserisce la vicenda dei protagonisti? Quanto tempo hai impiegato per la prima stesura del romanzo?

Silvia. Una delle cose che amo di più della scrittura è che mi porta ad allargare le mie conoscenze. Ho sempre adorato studiare, soprattutto la storia. Quindi scrivere romanzi storici mi dà modo di approfondire diversi argomenti. Uno di questi, per Di tenebra e d’amore, è proprio quello dello sviluppo tecnologico avvenuto nel XIX secolo. Trovo molto affascinante pensare a come doveva essere il mondo visto dagli occhi di qualcuno che viveva in un’epoca di così grandi e profonde trasformazioni. Oggigiorno siamo talmente bombardati da informazioni che il meccanismo del nostro stupore si è come ingolfato. Anche se, magari, non siamo mai stati in Egitto, le Piramidi le abbiamo già viste in mille modi; così come siamo abituati ai super effetti speciali dei film. Mentre chi si trovava a fare un Gran Tour nel XIX secolo riusciva a meravigliarsi profondamente, per una cultura o, un’architettura ecc così diverse dalle sue. La stessa cosa successe con il cinematografo. È storia acclarata ormai lo scalpore che fece il famoso arrivo del treno filmato dai Lumière, in cui molti spettatori si spaventarono pensando che davvero un treno avrebbe potuto investirli.

Silvia Zucca (photo Yuma Martellanz)

E se la nostra vita è tanto comoda ai nostri giorni un po’ lo dobbiamo anche alle tante invenzioni che sono state sviluppate nel XIX secolo. Il telefono, il treno, l’auto, i primi tentativi di volo, ma anche la radio, i raggi X. C’era davvero un fermento senza pari nella ricerca.

Per rispondere alla tua domanda, utilizzo moltissimi testi per documentarmi. E un po’ su tutto. Sia in inglese che in italiano. Vediamo, per quanto riguarda la tecnologia: The Making of Modern Science, di David Knight. The Subterrean Raylway di Christian Wolmar, per lo sviluppo della metropolitana a Londra, che infatti già funzionava, se non ricordo male, dagli anni Sessanta del XIX secolo.

Ma poi molto importante è anche la storia del costume, ossia il modo di vivere delle persone all’epoca, la stratificazione sociale, il modo di vedere il mondo. Qui, uno per tutti potrebbe essere Londra, l’oro e la fame, edito da Frassinelli.

La stesura è stata abbastanza lunga, ma anche perché avvenne in due tempi. Di tenebra e d’amore era il mio primo libro, quando ancora la scrittura non era per me un mestiere. Iniziai a scriverlo e poi rimase incompleto per mesi, finché non mi decisi a dargli una chance per presentarlo a una casa editrice. La quale – ne sono molto orgogliosa – lo acquistò immediatamente.

Righediarte. Pensi di scrivere un seguito alla storia di Odyle e Tristan?

Silvia. Odyle e Tristan fanno parte del mio passato. La loro storia è nata nel 2005, quando mi affacciavo alla scrittura. Non ho mai pensato di scrivere un seguito e la loro storia è a tutti gli effetti conclusa. Il loro universo invece no. Ci sono altri romanzi che ho scritto in cui in qualche modo il mondo di Odyle e Tristan ritorna. Sono attualmente fuori commercio ma sto pensando alla possibilità di dare una nuova veste e una nuova vita anche a loro.

Righediarte. Questo libro è già stato tradotto o verrà tradotto in altre lingue?

Silvia. Attualmente Di tenebra esiste solo nella versione italiana. I diritti di traduzione sono disponibili però, se qualche editore estero lo desiderasse. Non nego che sarei molto felice se venisse tradotto.

Righediarte. Nel contenuto e nello stile del romanzo si percepisce chiaramente l’influenza della narrativa inglese del 1800, da Jane Austen e alla Brontë, e tu non fai mistero di esserti ispirata proprio a Jane Eyre. Quali sono gli autori di questo periodo a cui sei più affezionata e perché?

Silvia. Oh… sono tanti! Amo la letteratura inglese, e ho una laurea per dimostrarlo! A parte le battute, mi piace molto il periodo storico del XIX secolo, come dicevo, e la letteratura che ne fa parte. Il romanzo è stato anche una scusa quindi per far degli omaggi a queste pagine del passato. C’è Shakespeare, c’è Jane Eyre della Bronte, c’è Walpole insieme alla schiera dei romanzi gotici che tanto piacevano all’epoca. Paradossalmente uno dei miei autori preferiti invece è rimasto fuori, forse perché le sue tematiche non erano troppo in linea con quelle della storia raccontata, parlo di Thomas Hardy (La brughiera, Via dalla pazza folla, Giuda l’oscuro, Tess dei D’Uberville…).

Righediarte. Nei tuoi romanzi, penso anche a Il cielo dopo di noi e Guida astrologica per cuori infranti, hai affrontato diversi temi: l’amore, la ricerca delle proprie radici, i rapporti famigliari, la storia dell’occupazione nazista in Italia, per citarne alcuni, dando prova di notevoli capacità di scrittura e di padronanza delle tecniche narrative. Di tenebra e d’amore, che come hai già detto, è in realtà il tuo primo romanzo completamente rivisitato e riscritto, si inserisce nel filone del romance. Vorrei chiederti se c’è un genere letterario che vorresti affrontare perché ti incuriosisce, o che apprezzi come lettrice, ma sul quale non ti senti ancora sufficientemente pronta.

Silvia. Devi sapere una cosa: io non mi sento mai sufficientemente pronta.

Ogni libro è un viaggio senza garanzie di arrivare davvero da qualche parte, e questo mi succede perché ritengo che la scrittura debba sempre rappresentare qualche novità per me, mi debba sempre far imparare qualcosa. È per questo motivo che affronto libri diversi anche per genere. Mi rendo conto che la cosa può mettere in difficoltà i miei lettori (e non ti dico gli editori!) che magari apprezzando un genere e non un altro si trovano con libri molto diversi tra loro, quando invece solitamente quando un autore trova “un buon filone” lì sta e batte chiodo magari sfornando una bella serie, una trilogia per lo meno. Purtroppo la mia testa funziona in modo diverso. E bada che non lo dico per dire che sono da biasimare quelli che invece scrivono delle serie, anzi, hanno tutta la mia stima, perché progettare una pentalogia non deve essere affatto facile, io proprio non riesco.

Ci sono le storie o i temi che mi chiamano. Purtroppo non c’è niente di romantico in questo, sono solo idee che iniziano a frullare in testa e farmi stare in ansia finché non le tiro fuori.

Tornando al genere, dicevo, ritengo che sia un grandissimo stimolo per me battere strade nuove, che non ho mai percorso, per questo i romanzi sono diversi e mi piacerebbe scrivere un po’ di tutto e in tutti i modi.

Se c’è un genere che ammiro ma per cui proprio non mi sentirei pronta al momento, è il distopico [romanzo in cui viene rappresentata un mondo immaginario del futuro, presentando talvolta società dalle caratteristiche inquietanti o orribili – NdR]. Ammiro moltissimo chi lo scrive, perché per scrivere un distopico devi avere sotto controllo non dei personaggi ma un mondo, un mondo intero, con delle leggi proprie e tutto quanto. E deve avere un senso profondo. La cosa che trovo meravigliosa della distopia è quella sua lucida capacità di tagliare con il bisturi alcune parti della nostra realtà per offrirle, orrendamente sanguinanti, agli occhi del lettore. Non mi accontenterei di fare niente di meno.

Righediarte. So che non si dovrebbe chiedere, ma a quale dei tuoi personaggi sei più legata, magari perché ci hai messo più tempo per darle/dargli “corpo e voce”?

Silvia. Eh… non si dovrebbe chiedere, hai ragione, perché poi gli altri ci rimangono male.

A dire il vero sono legata in modi diversi a molti personaggi che ho scritto, e non sono necessariamente i principali. Be’, con Alice di Guida astrologica ho un debito di sangue, in pratica, e lei e io ci siamo assomigliate moltissimo in un periodo che risale a diversi anni fa. Amo tantissimo Tio, e ne vorrei uno tutto per me. Ho odiato profondamente Miranda, de Il cielo dopo di noi, perché era talmente arrabbiata con la vita che ho faticato a farla parlare sulla pagina, poi però, quando ci siamo intese, trovate, è stato un dialogo meraviglioso, che mi ha fatto scoprire molte cose di me stessa. Poi, magari ti sembrerà strano, ma ho voluto un bene profondo al Tenente Bonfanti, sempre de Il cielo. Ho una vera e propria passione per i personaggi cupi, negativi, ma che poi hanno sempre quella sfumatura, quella motivazione che rende ogni azione, anche la più terribile, tremendamente umana.

Di Di Tenebra e d’amore, a parte Tristan, che è praticamente un Rochester nella sua vulnerabilità, mi piacciono molto i personaggi della parte più leggera, gli intermezzi comici dei Montgomery, padre e figlia, per cui ricordo di essermi un po’ ispirata alla vasta fauna umana di Jane Austen.

Righediarte. Silvia, tu lavori anche come traduttrice, hai anche tradotto Cinquanta sfumature di nero, di E.L. James, giusto per citarne uno. Quanto la lettura dei testi in lingua originale influenza la tua scrittura? Ti capita di leggere un romanzo in lingua originale e non apprezzarne invece la traduzione in italiano? Ovviamente senza fare nomi, ma come riflessione generale sulle sfumature linguistiche che si perdono nell’operazione di traduzione.

Silvia. Allora, non mi azzarderei mai a criticare il lavoro di qualche collega. Purtroppo ora con Internet, le recensioni online sui siti di e-commerce eccetera, mi è capitato spesso di leggerne, e mi chiedo sempre se chi le muove abbia davvero la competenza per capire il lavoro che sta dietro una traduzione.

Per restare però nel tema della tua domanda, mi è capitato di leggere qualche traduzione dove ho sentito il testo inglese sotto quello italiano o mi sono accorta di una traduzione un po’ troppo letterale, questo sì. Ritengo che ci siano egregi traduttori in Italia, e alcuni sono anche dei carissimi amici, che lavorano cesello con le parole.

Quanto alle sfumature linguistiche, come dici, è vero, sicuramente qualcosa si perde; lo diceva già Eco: una traduzione fedele è quasi un ossimoro. La traduzione comunque tradisce. Si passa a un diverso mondo che non è soltanto linguistico ma anche un diverso sistema culturale. Una cosa che personalmente trovo molto divertente da tradurre, per esempio, sono i modi di dire, che non sono quasi mai uguali da una lingua all’altra. Perché dietro a un modo di dire c’è magari un aneddoto che fa parte della storia del paese cui appartiene quella lingua, o magari un riferimento letterario. E tu, traduttore, lo devi rendere nella tua lingua. È una bella sfida. Perché non devi soltanto riportare un senso che riguarda le parole, ma anche un’emozione.

Ma, tornando alle sfumature linguistiche che traducendo magari vengono perse… mi domando se per un lettore italiano che l’inglese (o un’altra lingua) la capisce mediamente bene, pur non essendo la sua lingua madre, riuscirebbe ad apprezzarle davvero dalla prima all’ultima.

Righediarte. Il titolo del tuo romanzo mi ricorda altre due opere di tuoi illustri colleghi: Una storia di amore e di tenebra di Amos Oz e D’amore e Ombra di Isabel Allende. L’amore rimane ancora oggi quindi la più grande fonte di ispirazione per gli artisti di tutto il mondo. Quale è la storia d’amore letteraria a cui sei più legata? Quanto invece c’è delle tue storie d’amore nei tuoi romanzi.

Silvia. Ci sono tanti romanzi che al loro interno parlano d’amore e che io amo moltissimo, ma se devo eleggerne uno soltanto allora devo dire L’età dell’innocenza di Edith Wharton. La storia dell’amore travagliatissimo e dolente tra la Contessa Olenska e Newland Archer mi colpì molto quando la lessi, avevo circa vent’anni, e credo ci sia tantissimo di loro, o meglio di ciò che io ho provato per loro e poi per tutto il vasto universo della Wharton e le sue tematiche, nei libri che ho scritto.

Poi però sforo e ne aggiungo un altro che è Espiazione, di Ian McEwan… che infatti si trova citato ne Il cielo dopo di noi.

Per quanto riguarda le mie personali storie d’amore, sì, certamente ci sono dei riferimenti nei libri che ho scritto, perché dopotutto la mia vita, e soprattutto le mie emozioni, fanno parte di uno di quei grandi magazzini cui posso attingere per scrivere. Certo, non scriverei mai un romanzo autobiografico, almeno non per ora, visto che non ritengo la mia vita in toto di così grande interesse per gli altri, e ho anche un certo pudore per ciò che mi riguarda intimamente. Ma diverse situazioni che ho realmente vissuto, opportunamente rielaborate e viste con un occhio molto ironico e autoironico si trovano, per esempio, in Guida astrologica per cuori infranti.

Righediarte. Quali sono i tuoi autori contemporanei preferiti?

Silvia. Ho pochi amori costanti, mi piacciono i libri e le storie che raccontano, ma sono davvero pochi gli autori che compro a scatola chiusa. Tra questi ultimamente c’è un’autrice inglese che si chiama Jane Harris, perché mi piace il suo stile e il modo di raccontare. Ho avuto una passione folle per Agatha Christie da ragazzina e credo di aver letto quasi tutto.

Righediarte. Quando inizi a scrivere un romanzo ti capita mai di pensare a chi potrebbe essere il tuo lettore-tipo o lasci questa riflessione al tuo editore?

Silvia. Uno scrittore pensa sempre a chi sono i suoi lettori, a chi si sta rivolgendo. La scrittura è prima di tutto una comunicazione, perciò, perché questa comunicazione avvenga nel modo più corretto dobbiamo sapere a chi stiamo parlando.

Righediarte. Quando hai iniziato a scrivere? Quale è stato il tuo percorso?

Silvia. Ho sempre desiderato scrivere. Ho iniziato da ragazzina, sui quaderni, inventavo storie. Poi per un lungo periodo ho accantonato tutto. Finché appunto non ho iniziato a scrivere Di tenebra e d’amore. Traducevo già da qualche anno quando mi dissi che mi sarebbe piaciuto provare, e lo feci anche grazie a una cara amica – la Patrizia a cui è dedicato il libro – che era a casa dal lavoro per via di una gravidanza difficile – da cui poi nacque Elisabetta, che adesso ha quindici anni, a cui ancora è dedicato il libro – e visto che Patrizia è attrice e insegna teatro, mi aiutò molto a comprendere i personaggi e a farli “vedere” sulla carta.

Righediarte. La storia della letteratura, italiana ma anche internazionale, vede oggettivamente una presenza maggiore di autori uomini rispetto alle donne. Nella tua carriera come autrice, ti è mai capitato di subire il peso del pregiudizio proprio in funzione del tuo essere donna?

Pensi che sia più difficile per una donna affermarsi nel mondo della scrittura?

Silvia. Assolutamente sì. C’è poco da aggiungere purtroppo. Il divario c’è, lo sentiamo. Siamo autrici donne, la prima cosa che si pensa è che la nostra sia una scrittura “femminile”, per esempio, una scrittura per donne. Conosco anche diversi signori uomini che hanno ammesso candidamente di non leggere donne per partito preso. Non ho mai sentito dire altrettanto da parte di una donna.

Righediarte. Come anticipato, tu non sei solo autrice ma anche traduttrice ed editor,  ti chiedo se hai mai tenuto dei corsi di scrittura o se ti piacerebbe farlo?

Silvia. Ho tenuto dei seminari di scrittura creativa, un paio di volte anche con i bambini di scuole elementari, ed è stato bellissimo. È un’esperienza che mi piacerebbe ripetere, e in effetti, insieme a un’associazione, stavamo pensando a un corso di scrittura. Ho qualche problema di tempo, purtroppo, visto che, come hai giustamente detto anche tu, oltre a scrivere, faccio la traduttrice, l’editor e la lettrice per un’agenzia letteraria.

Righediarte. Ti lascio con un’ultima domanda. Stai lavorando a un nuovo romanzo (se si può sapere ovviamente)?

Sì, certo, si può sapere. Sto lavorando a un nuovo romanzo. Ma di più non si dice.

Concludo questa lunga intervista con l’augurio di leggere presto un nuovo romanzo di Silvia, alla quale va nuovamente il mio grazie di cuore.

Paola Cavioni

*Di Il cielo dopo di noi trovi la recensione su Righediarte, a questo link:

https://righediarte.com/tag/il-cielo-dopo-di-noi/

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