100. Semplicemente GRAZIE a tutti voi!

E con oggi siete in cento a seguire le mie Righe di Arte.

Cento blogger.

Cento persone che come me condividono la passione per la scrittura e quasi duemila visitatori totali dall’inizio dell’anno.

Chissà come mai le cifre tonde si festeggiano più delle altre.

Chissà se cento è tanto o poco. Oggi non mi importa, perché per me cento è tantissimo, un gran bel risultato per un blog nato quasi come un diario personale, un luogo virtuale dove conservare tutti i miei scritti in un periodo non proprio facile della mia vita.

Sono stata lontana dalla scrittura nelle ultime settimane, ma conto di riprendere presto a pieno ritmo, con nuovi progetti e nuovo entusiasmo.

Oggi voglio solo ringraziarvi uno per uno.

Chi c’è stato dall’inizio e chi è appena arrivato, chi è solo di passaggio e chi vuole restare, chi apprezza e chi critica, chi prende suggerimenti e chi ne da.

Grazie, grazie, grazie di cuore a tutti voi.

Paola

 

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Righe per il piacere di scoprire nuove stanze … “La stanza dei Libri” di Giampiero Mughini, e i miei pensieri

 

Tutti noi sappiamo che sono mille e più i motivi che ci spingono a scegliere un libro, a comprarlo o prenderlo in prestito: affezione nei confronti di questo o quell’autore, il consiglio di un amico, la voglia di restare aggiornati rispetto ad un determinato tema o alle novità letterarie.

Ogni tanto capita, come nei rapporti umani, che il titolo di un libro inneschi un vero e proprio colpo di fulmine. In alcuni fortunati casi, il colpo di fulmine non risulta sprecato.

Molto onestamente, a rischio anche di passare da ignorante, ammetto che fino a domenica scorsa conoscevo Giampiero Mughini (classe 1941) solo come personaggio pubblico, opinionista dai modi diretti e sopra le righe, giornalista dal fare incazzoso (mi si conceda il francesismo).

Per quale strana forma di preconcetto rispetto ai suoi modi, non avevo mai avuto occasione di leggere un suo libro.

Questo, appunto, fino a domenica scorsa, quando in uno dei miei frequenti giri in libreria non mi sono imbattuta, quasi per caso (stavo già andando verso le casse con altri volumi in mano ma ho dovuto aggiungerlo all’elenco) nel suo ultimo libro, edito da Bompiani Overlook nel settembre 2016: La stanza dei libri – Come vivere felici senza Facebook Instagram e followers.

Un titolo che da una parte evoca, nella mia testa, un’immagine assolutamente poetica e ideale (una stanza PIENA di libri! What else?), messa in contrapposizione con la più triste rappresentazione dell’epoca moderna: i social network.

Mughini ci parla, con gli occhi di oggi, da uomo di cultura che ha già superato la settantina, della sua vita attraverso l’amore, se non quasi l’ossessione, per la carta stampata. Un amore che nasce già durante la sua infanzia in una famiglia siciliana non certo abbiente e che quindi non facilmente poteva permettersi il lusso dei libri. Ma si sa, i veri amori nascono anche nelle situazioni più avverse.

L’autore ripercorre la sua esistenza attraverso i suoi ricordi e parlandoci della sua raccolta che aumenta all’aumentare dei suoi anni e dei suoi mezzi, della sua collezione di prime edizioni e ti volumi di pregio, di tutti i suoi memorabilia e libri d’artista.

Una raccolta di immagini che si compone pian piano e che sembra un insieme di fotografie, di titoli, di fatti storici e autori, che va riempire una sorta di moderna wunderkammer che profuma di carta stampata.

In questo volume di poco più di 150 pagine c’è tanto, forse troppo per un lettore della mia generazione. Ci sono gli ultimi 50 anni di storia d’Italia, una visione documentale e cruda degli anni di piombo, c’è la rivoluzione femminile e quella dei costumi sessuali, c’è la storia della letteratura ma anche quella dell’arte, della fotografia.

Termino oggi la lettura di questo libro con diversi pensieri e sensazioni.

Prima fra tutte la consapevolezza della pochezza della cultura che stiamo costruendo e che consegneremo alle nuove generazioni, quella fatua dei social network intendo. Una cultura fondata sull’apparenza che vince sul contenuto, sulla velocità che vince sull’approfondimento, rispetto a quello che è stato in passato, dove il libro ma più in generale l’amore per la cultura e la conoscenza sono stati davvero una spinta al miglioramento personale, un ideale di vita cui ispirarsi. Per essere per portatori di contenuti, noi dei contenitori vuoti.

Poi il pensiero a quante cose devo ancora conoscere e scoprire prima di comprendere fino in fondo un libro come questo, che ripercorre mille volti e vicende della storia italiana e non solo. A quanta parte di questa storia mi sia ancora sconosciuta.

Connesso a quanto sopra, la sensazione di ammirazione per l’uomo di cultura dietro il “personaggio Mughini”, che tanto ha ancora da insegnare a tutti, soprattutto per quanto riguarda la libertà di esprimere il proprio pensiero liberi da ogni tipo di condizionamento e ideologia.

E poi, in ultimo, la certezza di trovarsi di fronte ad un uomo che comunque il suo personale senso della vita lo ha trovato, risolto e perseguito fino in fono, a costo anche di risultare un personaggio scomodo e poco tollerante sopratutto nei confronti dell’ignoranza che vuole salire in cattedra invece di stare, come è giusto che sia, nella schiera dei discenti.

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Ti amo in tutti i TAG del mondo

Questo è il riflessione di questa mattina. E ci sono arrivata con uno strano giro di pensieri.

Ora vi spiego meglio.

Il primo episodio è successo qualche giorno fa. Mi sono comprata una piccola sveglia da comodino, perché sono stufa di dover tenere sempre acceso il cellulare, seppure in modalità offline. Non so se sbaglio qualcosa io, ma tutti i fenomenali poteri cosmici dell’iphone, sveglia inclusa, vengono meno se si spegne l’aggeggio (beati i Nokia dell’anteguerra, che con la sveglia si riaccendevano da soli). Mia figlia Gaia, quattro anni e mezzo di pura adrenalina e ciccia da mordicchiare, guarda quello strano oggetto sul comodino e molto candidamente mi chiede “Mamma ma che cos’è?”. In effetti non ci avevo mai riflettuto. i bambini dell’età di mia figlia molto probabilmente non dovranno mai sopportare il bi-bi-bi delle sveglie di una volta, che ti svegliavano con la stessa delicatezza di una doccia gelata in pieno dicembre.

E poi stamattina. Stamattina ho rivisto una mia vecchia fotografia, anno 2006 credo, che Facebook mi ha riproposto nella sezione “Accadde oggi”.

E’ una fotografia scattata ad una classica cena fra amici, ai tempi delle fotografie sviluppate e non solo conservate nella memoria del telefonino o condivise sui social. Più che pensare al fatto che sono già passati 10 anni da quello scatto (che mi fa pensare che ai tempi avevo solo 20 anni, aiuto!), mi ha fatto uno strano effetto vedere che portavo un ingombrantissimo orologio al polso. E che ne andavo anche fiera nel 2006. Che a quei tempi l’orologio diventava parte integrante del look con cui uscivi di casa.

C’è stata la moda di orologi grandi come bussole, poi quelli di plastica piccoli e colorati, poi quelli a stampe floreali, poi il periodo del Chronotech. Poi i cellulari e i polsi vuoti. Penso che ormai non sarei neanche più in grado di tenerlo per una giornata intera, mi sentirei stringere. Ora c’è il cellulare a dirti che ore sono, a svegliarti la mattina, a ricordarti gli appuntamenti, a farti il backup della vita.

Premetto, non sono contraria alla tecnologia e ai social network, dato che lo stesso mondo dei blog di cui faccio parte è un social. Però la presenza così ingombrante di questo tipo di tecnologia e delle centinaia di social network ha modificato tantissimo anche il modo in cui vengono vissuti i rapporti umani in generale.

Ti innamori, ti fidanzi o ti lasci? Su Facebook cambi lo status da single a impegnato e viceversa, passando per tutte le varianti di “impegnato in una relazione complicata” o “in una coppia aperta”.

Scopri di essere incinta? Condividi sul Instagram una foto #gravidanza #tiaspettiamo #tantoamore #tuttalavita #5settimanedinoi #bebèabordo

Litighi con la ex del tuo fidanzato? Twitti un post di fuoco, ovviamente senza specificare a chi ti stai rivolgendo perché tanto LEI lo capirà.

Ma è quando si è innamorati, o si è convinti di esserlo, che si da il meglio di sé sui social. Si condividono album interi di fotografie, si ricorda ogni giorno a tutto il mondo quanto fantastica sia la persona con cui stiamo. Bacheche piene di cuori e baci in bella posa, filtrati e studiati ad arte. Sembra quasi che si debbano colmare dei vuoti che ormai la vita vera non riesce più a riempire, obbligandoci alla realtà virtuale per dare un senso compiuto alle nostre relazioni.

Ti taggo, ti aggiungo a fotografie e post.

Per fare un paragone artistico e riprendere quello che è il tema principale del blog, mi viene in mente quanto scritto dall’umanista Leon Battista Alberti.

Nella sua opera De statua, composta ipoteticamente attorno al 1460, distingue due tipologie di scultura: per via di porre e per via di levare. Ci sono i modellatori che tolgono e aggiungono (quindi pongono) materiali molli per giungere all’opera compiuta, ma appunto sono solo modellatori, le cui opere, per quanto belle, sono facilmente scalfibili. I veri scultori sono coloro che invece levano dalla pietra tutto ciò che è superfluo, e arrivano così alla figura perfetta che già era contenuta nel blocco iniziale.

Secondo me in amore è un po’ la stessa cosa: ci sono quelli che pensano di amarsi e che devono continuare ad aggiungere pezzi per evitare che l’amore si sgretoli come una scultura di cera.

Chi si ama veramente invece è come lo scultore: toglie tutto ciò che non serve e giunge alla vera sostanza dei sentimenti. Non ha bisogno di aggiungere troppe parole, cose, fotografie, dimostrazioni pubbliche dei propri sentimenti. Deve solo levare per arrivare al vero amore. Solo in questo modo l’opera d’arte può resistere nel tempo, così come resiste la pietra.

Il pensiero di oggi era questo, l’amore ai tempi dei social.

 

Buona domenica

Paola