Oggi faccio azzurro di Daria Bignardi

Oggi faccio azzurro, in edizione ebook su Kindle (Mondadori)

Questo tempo che immobilizza tutti e ci costringe a rimanere forzatamente in casa può avere anche dei risvolti positivi in tante piccole cose, se siamo in grado di apprezzarle. Nel mio caso, da amante dei libri, è avere più tempo per leggere, e scrivere, e la possibilità di assistere alle presentazioni online dei libri, cosa che sicuramente non avrei potuto fare con questa frequenza in un “tempo normale”, presa fra lavoro, famiglia, varie ed eventuali.

Infatti ieri sera ho potuto assistere alla presentazione di Oggi faccio azzurro, ultimo romanzo di Daria Bignardi edito da Mondadori (disponibile anche in edizione ebook), in una piacevole intervista condotta dalla libraia Laura Fedigatti sulla pagina Facebook del gruppo Book Advisor.

È bastato assistere all’evento per farmi venire voglia di prendere il libro e così, complice il Kindle e una notte insonne, eccomi qua a parlare di questo romanzo, dopo averlo iniziato e finito in poche ore.

La storia è presto detta: tre anime ammaccate, alla ricerca di un modo per elaborare i vuoti delle loro vite, in primis la protagonista Galla, si conoscono nello studio della loro terapista e cercano, insieme, di uscire da un momento di stallo della loro vita, che li costringe di fatto ad una non-esistenza.

Ma da una trama così apparentemente semplice, cosa rimane alla fine della lettura di Oggi faccio azzurro?

Le Voci

“Le cinque del mattino sono un buon compromesso: silenzio, buio, ma anche il portinaio già alzato per portare i bidoni della spazzatura in strada si occuperà di smaltire anche il mio corpo, in tempo per risparmiarne la vista ai bambini che escono per andare a scuola.”

È la voce di Galla che ci accoglie nella prima parte del romanzo, e non riesco a non rimanere colpita da due particolari che incontro appena inizio a immergermi nella storia.

Le cinque del mattino e il 13 agosto.

Le cinque del mattino sono il mio orario preferito per scrivere. Amo l’alba, la sveglia presto, proprio alle cinque per godere del silenzio della mattina (ovunque io sia, anche in vacanza) in quello spazio che appartiene ai pochi mentre i più ancora dormono. Un’ora in cui sento forte la vita che scorre, sia quando esco a camminare in estate che quando posso scrivere con una tazza di caffè e una coperta sulle gambe in inverno. Un’ora piena di vita, mentre per Galla le cinque del mattino sono l’orario ideale per suicidarsi. Curioso come si possano avere punto di vista diversi su una cosa così banale come un numero sull’orologio.

E poi il 13 agosto, la data in cui per la prima volta Galla sente la voce “dall’iperuranio” di Gabriele, la pittrice tedesca Gabriele Münter. Il 13 agosto è il giorno del mio compleanno.

La storia è un flusso di pensieri, anzi di più pensieri. Più voci che si uniscono in un coro armonico. Perché se di fatto la narrazione è in prima persona, le voci narranti sono tre: Galla, Bianca e Nicola. Persone diverse che hanno in comune lo studio della terapista Anna Del Fante. Tre vite diverse per tre registri stilistici diversi.

Vite unite dal filo conduttore delle parole della psicologa, una voce che cerca di dirigere i protagonisti come farebbe un direttore d’orchestra.

E poi, come anticipato, c’è la voce sincera, rabbiosa e tagliente di Gabriele, che a suo modo cerca pure lei di fare terapia a Galla, e forse l’aiuta più di quanto lei voglia ammettere, oltre a metterla faccia a faccia con l’elaborazione del dolore e della rabbia per la fine del suo matrimonio.

“Anna Del Fante ha la mia età, ma si veste da anziana. Col pensiero le ho cambiato stile come quando lavoravo per le riviste di moda: starebbe bene con un taglio corto di Pier Moroni con collo scoperto e ciuffo mosso, via quegli occhialetti rossi da farmacia, via quei camicioni da mercato, camicie di Equipment, pantaloni di Biani, mocassini. È alta, di giorno può fare a meno dei tacchi, anche se è un po’ larga di fianchi.”

Autoritratto di Gabriele Münter

I colori

Galla diventa Gialla nel soprannome di quando era bambina. Giallo, il colore della sua pelle da malata di talassemia.

C’è l’azzurro del cielo e dei mosaici del mausoleo di Galla Placidia, l’imperatrice romana di cui la protagonista porta il nome. E il colore del Cavaliere di Kandinskij, compagno di vita e di arte di Gabriele.

Forse non è un caso che l’azzurro in psicologia sia associato all’espressione artistica e alla creatività.

C’è il nero del momento di depressione che, i modo differente l’uno dall’altro, stanno affrontando i protagonisti del romanzo. 

C’è il rosso degli amori che sì sono finiti, come ogni cosa che sulla terra abbia vita, ma che almeno ci sono stati.

Prima e Dopo

Bianca, prima di conoscere di persona Galla e Nicola, li chiama semplicemente “Prima e Dopo”, nell’ordine in cui li vede entrare dallo psicologo.

Prima e dopo.

Questa è la sensazione che si prova a leggere questo libro, scritto e ambientato nel 2019, quindi appena prima  della pandemia che ha sconvolto gli equilibri del mondo.

Prima e dopo.

La sensazione che ognuno prova, nel rispecchiarsi nelle vite degli altri, quando ci si trova davanti a uno spartiacque che cambia la vita in modo inatteso e imprevedibile.

Il raggiungimento della maggiore età. Un matrimonio o cambiare casa dopo un divorzio. Il momento in cui rimani orfano o perdi un bambino. La morte del tuo idolo dell’adolescenza.

La Rabbia e l’Amore

Due sentimenti che spesso vanno a braccetto come due facce della stessa medaglia.  

C’è l’amore finito fra Galla per l’ex marito Doug, che dopo vent’anni insieme la lascia nel momento in cui lei avrebbe più bisogno di essere amata e protetta, proprio come quello di Gabriele e Vasilij.

C’è la rabbia della “voce” di Gabriele che dopo cento anni ancora non ha perdonato Kandinskij per averla lasciata quasi come in un film, quando il marito dice alla moglie “Vado a comprare le sigarette e torno subito”. Kandinskij le sigarette va a comprarle in Russia, lasciando Gabriele e la Germania, per mettersi poco tempo dopo con una donna che ha la metà dei suoi anni. Kandinskij passa alla storia per il suo genio creativo e per le sue opere di riflessione sull’arte.

Gabriele suo malgrado passa alla storia come “l’amante di”. Destino purtroppo molto comune condiviso da donne forti, compagne di uomini altrettanto forti e geniali.

Concludo come mio solito indicando a chi è adatta questa lettura, secondo me.

Per la prima volta mi sento di consigliare questo libro in particolare a donne che hanno bisogno di riconnettersi con la loro autostima, con le loro unicità, con la loro forza ma anche con le fragilità mai ammesse in una società che sempre più stigmatizza chi ammette la propria debolezza.

Una frase su tutte mi rimane della presentazione di ieri sera, ed è con quella che voglio chiudere queste righe dedicate a Oggi faccio azzurro: per chi ama leggere ogni libro è un amico.

E io sento di avere trovato amici sinceri in ognuna delle voci di questo romanzo toccante.

Daria Bignardi

Nata a Ferrara nel 1961, giornalista, intellettuale e volto noto della televisione italiana, dal 2009 ha pubblicato con Mondadori Non vi lascerò orfani, vincitore fra le altre cose del premio Elsa Morante, Un karma pesante (2010), L’acustica perfetta (2011), L’amore che ti meriti (2014), Santa degli impossibili (2015), Storia della mia ansia (2018).

Vive e lavora a Milano, i suoi romanzi sono tradotti in diverse lingue.

Paola Cavioni

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Righe su “Non ti muovere” di Margaret Mazzantini

“Una pioggia sottile come cipria mi inumidiva senza bagnarmi. Mi strinsi nel mio soprabito mentre passeggiavo, non avevo una destinazione, volevo solo che quella notte non si rivoltasse contro di me. Non mi sentivo stanco, camminavo a gambe leggere. Avevo mangiato poco, e quel poco lo avevo già digerito. Le strade erano deserte e silenziose. Solo dopo un po’ mi accorsi che quel silenzio non era totale, che l’asfalto aveva un gemito sommerso. La città di notte è come un mondo abbandonato dagli uomini, vuoto, ma intriso della loro presenza. Qualcuno che si ama, qualcuno che si sta lasciando, il guaito di un cane su un terrazzo, un prete che si alza. Un’ambulanza che trascina un malato dal caldo del suo letto verso il mio ospedale. E una puttana che torna con le sue gambe negre come il buio, e l’uomo che non l’aspetta e dorme come una montagna sicura e temibile. Esattamente come Elsa. Perché nel sonno le persone si somigliano tutte, si somigliano per chi non dorme e sa che non potrà dormire.”

Non ti muovere, Oscar Mondadori 2001

Non ti muovere è viaggio emozionante e che lascia orfani quando si finisce di leggere il libro.

La firma di Margaret Mazzantini è riconoscibile, con quella magistrale capacità di raccontare i moti dell’anima in modo poetico ma allo stesso tempo cruento, nella cornice di una narrazione drammatica.

In Non ti muovere il tempo della storia è breve, poche ore.

È il tempo della fabula, della narrazione, che si dilata e porta il lettore indietro con un lungo flashback che talvolta provoca smarrimento e vertigine ma che riesce con sapienza a dosare al momento giusto ogni elemento, ogni informazione utile a ricomporre il puzzle della storia.

Nel presente c’è Angela, quindici anni, che una mattina iniziata come tante altre, mentre va a scuola è vittima di un grave incidente in motorino. Nel presente c’è anche su padre Timoteo, affermato medico cinquantenne, che ora si fa piccolo piccolo mentre attende, impotente, che un collega operi sua figlia per salvarle la vita.

E come in un lungo flusso di coscienza che odora di confessione più che di autobiografia, il romanzo ripercorre, nel racconto di Timoteo, l’amore segreto, doloroso e colpevole dell’uomo per una donna segnata profondamente dalla vita e dalla sofferenza.

Il Timoteo del presente racconta come, in un giorno afoso di oltre quindici anni prima, abbia superato quel confine irreversibile fra essere vittima, o quantomeno innocente, ed essere carnefice.

Nel passato c’è Timoteo con sua moglie Elsa, ma c’è soprattutto Timoteo con Italia, emblema della sua colpa.

E nonostante il suo crimine, perché di questo si tratta, non si riesce a non provare empatia per Timoteo. Merito dell’abile stile narrativo dell’autrice.

Il lungo racconto in prima persona è un tentativo di cammino verso la redenzione, un percorso di espiazione dal peccato. Ma è anche un’indagine nelle pieghe dei rapporti d’amore, dello scontro tra essenza e apparenza, tra ideologia borghese e povertà della periferia cittadina.

La Mazzantini naviga fra le emozioni con timone saldo e, come già detto, conosce molto bene l’animo umano, sia maschile che femminile.

Non ti muovere è sicuramente una lettura non semplice e non per tutti, sia per la drammaticità dei fatti narrati che per il realismo, a tratti fastidioso, di alcuni passaggi descrittivi che vengono sbattuti in faccia al lettore con la violenza di uno schiaffo.

Ma è soprattutto una storia che, se non vera, è comunque verosimile. Perché Timoteo potrebbe essere il vostro vicino di casa così gentile, un vostro amico padre di famiglia. Potrebbe essere vostro marito, vostra moglie. Timoteo rappresenta l’ombra che si cela dietro ogni vita che sembra più o meno perfetta, dietro la retorica del “finché morte non vi separi”.

E poi la  frase, non ti muovere, che troviamo più volte nel romanzo come se fosse un ritornello, e che suona più come un non mi lasciare, perché senza di te che nella mia vita non esisti, io non esisto.

L’autrice

Margaret Mazzantini nasce a Dublino nel 1961, figlia di una pittrice e di uno scrittore.

Margaret Mazzantini

Si diploma alla Accademia Nazionale di Arte drammatica Silvio D’Amico di Roma e alterna l’attività di attrice di cinema e teatro a quella di scrittrice. Il marito è l’attore Sergio Castellitto.

Da più di uno dei suoi romanzi sono stati tratti film di successo (Non ti muovere, Venuto al mondo, Nessuno si salva da solo, Fortunata).

Con Non ti muovere, nel 2001 Margaret Mazzantini vince il  prestigioso Premio Strega.

Sito Ufficiale dell’autrice:

http://www.margaretmazzantini.com/

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Paola Cavioni

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