Righe su “Il conformista” di Alberto Moravia

“Ogni scrittore è una chiave per aprire la porta della realtà”

(da un’intervista di Alberto Moravia)

Alberto Pincherle Moravia nasce a Roma il 28 novembre 1907 e muore nel 1990 dopo una vita iniziata in salita con i frequenti ricoveri nei sanatori sulle Alpi per curare una grave forma di tubercolosi ossea, ma vissuta intensamente fino all’ultimo giorno: una produzione letteraria sconfinata, tre grandissime donne al suo fianco, viaggi intorno al mondo, la fama che il cinema neorealista regala alle sue storie e l’amicizia con molti personaggi di primo piano della cultura italiana come Pier Paolo Pasolini.

Oggi voglio celebrare la vita di questo straordinario narratore testimone del novecento parlandovi del suo romanzo meno amato dalla critica, tanto che spesso non viene nemmeno inserito nelle antologie scolastiche.  

Se infatti, è nota la fortuna, di pubblico e di critica, de Gli indifferenti, de La ciociara o La noia, altrettanto non si può dire de Il conformista.

A soli 44 anni, Il conformista è l’ottavo romanzo, escluse le raccolte di racconti, dello scrittore romano.

Un romanzo che parte da una domanda drammatica: può un evento traumatico nell’infanzia condizionare tutta la vita, la lettura e l’interpretazione di tutti gli avvenimenti che avvengono prima e dopo quel fatto?

Pubblicato da Bompiani nel 1951, quando l’Italia sta ricostruendo quanto distrutto dalle bombe, Il conformista riprende molti temi già presenti nelle opere precedenti (ma anche successive) dell’autore: la decadenza della società borghese votata inconsciamente all’apparenza e ai rapporti stereotipati, il giudizio complessivo di fallimento della società occidentale durante la seconda guerra mondiale e nel periodo appena successivo, con l’inizio della Guerra Fredda, la tensione sessuale che guida i pensieri e le azioni dei suoi personaggi, ma anche la frustrazione per una sessualità mai apertamente vissuta, o peggio, subita, il tradimento come norma nei rapporti umani.

Mors tua, vita mea, una narrativa che non prevede eroi, come nella più pessimistica visione dell’esistenza umana.  

Il conformista è un romanzo in tre atti che ripercorre la vita del protagonista Marcello Clerici.

Il titolo, come spesso accade in Moravia, è un manifesto: programmatico e predittivo rispetto al contenuto della storia.

La narrazione è in terza persona, con uno stile discorsivo che somiglia quasi alla voce fuori campo di un film.  

Nel Prologo del libro, che è il primo atto, troviamo Marcello adolescente. L’adolescenza, età molto indagata dalla penna di Moravia: periodo della vita che può essere pieno di tormenti ma anche curiosità nei confronti dell’esistenza e del mondo, di ricerca di identità certezze e conferme.

Nella vita di questo adolescente ad un certo punto compare un personaggio ambiguo, Lino, che con il suo agire determina in modo definitivo la rotta che la vita di Marcello dovrà prendere per sempre: il ragazzo non vuole più, da quel momento in poi, sentirsi diverso dagli altri, avere pensieri differenti (o che crede erroneamente che siano differenti) da quelli degli altri, dei suoi coetanei.

Nell’età adulta, questa ricerca ossessiva verso il volersi sentire uguale agli altri, spinge il protagonista ad aderire al movimento fascista (nel secondo atto siamo nel momento appena precedente allo scoppio della seconda guerra mondiale) nel modo forse più facile: diventare una spia alla ricerca dei nemici del duce. Poco importa se questi “traditori della patria” sono persone che lui conosce molto bene, come un suo vecchio professore stabilitosi in Francia.

Marcello parte alla volta di Parigi, mascherando la sua missione con il viaggio di nozze insieme alla moglie Giulia, per trovare il professore e consegnarlo nelle mani dei suoi sicari.

Da quel momento inizia inesorabilmente il suo viaggio di non ritorno verso il punto più basso verso la morale umana, una a-moralità, con una visione del tutto distorta di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Un vortice discendente da cui sembra salvarsi, ma non del tutto, solo la moglie Giulia, personaggio che ha comunque dei lati oscuri e nascosti.

Si arriva così al terzo e ultimo atto, che chiude il cerchio e le fila di una vita che ricorda quella di certi inetti così cari alla letteratura italiana a cavallo fra otto e novecento.

Leggendo le pagine di questo romanzo fa impressione pensare che molti dei fatti narrati sono tratti dalla biografia del suo autore, a partire dall’anno di nascita del protagonista Marcello che viene fatto nascere 1907 esattamente come Moravia.

C’è poi il tema dell’adesione al fascismo, che Alberto conosce molto bene essendo stato tacciato di pornografia dal regime, costretto a pubblicare dietro pseudonimo e poi alla fuga dopo l’8 settembre, e il tema dell’omicidio politico.

Nel 1937, infatti, Carlo e Nello Rosselli, cugini di Moravia, vengono assassinati in Normandia per mano di un’organizzazione filofascista francese.

Non mi soffermo a elencare i motivi per i quali quest’opera è così poco amata dalla critica; personalmente credo che sia assolutamente da scoprire e comprendere, soprattutto visto che il tema del conformismo, che può portare anche agli esiti catastrofici che sono sotto gli occhi di tutti sotto forma di violenza di branco e bullismo, è sempre presente all’interno della società.

Il conformista è  un romanzo di segreti e rivelazioni, di calma sulla superficie a nascondere la tormenta e il terremoto che da sempre scuote l’animo umano.

Paola Cavioni

28 novembre 2021

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“Puoi dire non più di 100 parole al giorno. Ma solo se sei donna” Righe su Vox, di Christina Dalcher

And in the naked light I saw
ten thousand people maybe more
people talking without speaking
people hearing without listening
people writing songs that voices never share
noone dare, disturb the sound of silence

(The sound of silence, Simon & Garfunkel)

dav

Vox

Di Christina Dalcher

Casa editrice Nord, 2018

Traduzione di Barbara Ronca

Stati Uniti d’America, giorni nostri.

Da diversi anni ormai, il paese è governato dal Movimento per la Purezza, partito guidato dal Presidente Myers e dal leader spirituale della nazione, il reverendo Carl.

Facendosi portavoce di un ritorno “ai sani valori del passato”, infarcito del più pericoloso fanatismo religioso, il Movimento ha vinto le elezioni con un programma che vuole ristabilire ordine nella società. Tutto deve funzionare senza intoppi, come in una macchina perfetta. E come una macchina, così devono essere i matrimoni: ingranaggi perfetti e indissolubili.

Il Movimento vuole che ogni forma di “deviazione” dalla regola sia estirpata dalla società. L’omosessualità va contrastata, le donne che hanno rapporti sessuali prima del matrimonio devono essere rinchiuse e punite.

Il Movimento vuole che le donne restino “al loro posto”: custodi del focolare e regine della casa. Che passino la loro vita a mettere al mondo dei figli, che li seguano nella loro crescita e si dedichino al marito e alle faccende domestiche.

E per fare tutto questo, non serve lavorare, dato che è l’uomo a provvedere al mantenimento della famiglia.

Per fare tutto questo, non serve neanche parlare.

Cento parole al giorno sono più che sufficienti alle donne per ordinare la spesa e andare dal parrucchiere, come se il mondo fosse tornato indietro in un film in bianco e nero degli anni ’50.

Non più di cento parole al giorno, per evitare di essere colpite dalla scarica elettrica emanata dal braccialetto che ogni donna è costretta a portare al polso.

La dottoressa Jean McClellan, madre, moglie ed esperta di linguistica, a un certo punto ha la possibilità di ribellarsi al sistema. Da sola contro tutti, per difendere il diritto al futuro di sua figlia Sonia e per la creatura che porta in grembo e che non è di suo marito Patrick, uomo amorevole ma che accetta passivamente la condizione in cui versano le donne degli Stati Uniti.

Grazie alle sue competenze nella ricerca di una cura all’afasia di Wernicke, Jean ha la possibilità di lavorare a un progetto governativo top secret che la porta pericolosamente vicina al Presidente Myers.

A quel punto dovrà prendere una decisione: il sacrificio di una vita, vale la salvezza di milioni di donne come lei?

Il finale del romanzo lascia sicuramente … senza parole.

Christina Dalcher, linguista proprio come la protagonista di Vox, suo primo romanzo, ci descrive la società di un ipotetico futuro ma che così tristemente ricorda la condizione della donna in alcuni paesi del mondo.

Un libro che descrive scenari inquietanti che portano il lettore a riflettere sull’importanza di uno dei diritti fondamentali dell’uomo: ogni individuo ha diritto alla libertà d’opinione e d’espressione.

Sul diritto a manifestare non solo la propria opinione ma anche il proprio dissenso rispetto a chi governa, soprattutto quando questi lo fanno non per il bene della popolazione, ma secondo quella che credono sia l’interpretazione di un messaggio divino.

Una storia che pone l’attenzione sulla pericolosa commistione fra religione e affari di stato, sulla perdita di quella razionalità che è condizione necessaria per governare una nazione.

Un romanzo che risente sicuramente dell’opera di Bradbury e Orwell, Vox porta a interrogarsi sul ruolo della donna nella società, ruolo che anche nel presente troppo spesso è messo in dubbio, perfino nei paesi più culturalmente evoluti.

Paola Cavioni