“Scrivere è magia, acqua di vita, a pari di qualsiasi altra attività creativa. L’acqua è gratis. Forza, bevete. Bevete e dissetatevi.”
On writing. Autobiografia di un mestiere era nella mia lista di libri da leggere da diversi anni. Per un motivo o per un altro mi sono decisa a leggerlo solo all’inizio di questo 2018, a quasi vent’anni dalla sua prima pubblicazione. Arrivata alla fine di questo saggio autobiografico ho capito principalmente tre cose: la motivazione del successo planetario di King che sta tutta nella semplicità con cui scrive e che è anche stata la principale argomentazione dei suoi detrattori, quanto sia difficile proporre una prosa onesta e accessibile a tutti e infine che se nella vita vuoi campare con la scrittura ritieniti fortunato ad avere accanto persone che ti sostengono e che credono in quello che fai (nel caso di King, il supporto della moglie Tabitha è stato fondamentale per l’avvio della sua carriera). Tengo a precisare che queste mie poche righe non vogliono essere una vera e propria recensione ma una riflessione su un libro che ho davvero apprezzato tanto e che penso dovrebbero leggere tutti gli appassionati di scrittura, addetti ai lavori e non.
“Che cosa mi spingeva a credere che avessi una storia degna di essere raccontata?”
Partiamo da un presupposto: viviamo in un’epoca che nel bene e nel male consente a chiunque di scrivere e farsi conoscere in tutto il mondo grazie alla velocità con cui circola la carta stampata, ai social network, ai blog (tanti!). Ma quanti si fermano a riflettere realmente sul senso del loro scrivere, sulle necessità più profonde che portano a preferire questo passatempo rispetto alla pesca o agli scacchi (anche se alcuni scrittori o presunti tali forse dovrebbero veramente riconsiderare i loro hobby)? Quanti scrivono per dare sfogo ad un bisogno viscerale, senza essere mossi dalla smania di successo e denaro o per seguire una moda. Quanti hanno realmente qualcosa da dire?
“Questo è un libro breve perché la maggior parte dei manuali di scrittura creativa sono pieni di stronzate.”
Portando la mia piccola (minuscola) esperienza posso dire di aver letto diversi saggi sulla scrittura, ho partecipato a corsi di scrittura creativa che mi hanno lasciata soddisfatta solo in parte e questo libro è davvero una rivelazione perché con chiarezza e semplicità elenca e spiega principi universalmente validi per scrivere bene. Cose che chiunque aspiri a scrivere almeno decentemente dovrebbe ripetersi ogni giorno: sii onesto, scrivi di cose che conosci, stai attento alla grammatica, ometti parole inutili, correggi, rileggi e soprattutto leggi, leggi, leggi. Leggi tanto, leggi tutto quello che ti capita sotto mano. E poi sii metodico nel lavoro, soprattutto se sei alle prime armi trova il tempo per scrivere tutti i giorni, proprio come se si trattasse di un allenamento (in questo King è all’opposto rispetto alla credenza popolare che genio e sregolatezza vadano a braccetto). E da ultimo, ma non per importanza: esci e vivi la tua vita, fai esperienze. Non aspettare che l’idea giusta ti piombi in testa mentre ti spremi le meningi su un foglio di word o stai partecipando ad un corso di scrittura creativa, perché purtroppo non esiste nessuna pozione magica che permetta di sfornare il nuovo Racconti di due città e, a meno che tu non abbia le doti narrative di Charles Dickens, l’idea giusta arriverà esattamente nel momento in cui starai facendo e pensando tutt’altro.
“L’incidente mi aveva in fondo insegnato una cosa sola: l’unico modo per andare avanti è andare avanti. Dire lo posso fare anche quando sai che non puoi.”
Ho passato tante notti della mia adolescenza nelle pagine di Cujo, Misery, Il miglio verde. Ho amato Johnny Smith de La zona morta. Il mio giudizio più che positivo su questo libro è sicuramente di parte, lo ammetto, anche perché mi ha fatto conoscere dettagli della biografia di un autore che amo da sempre. Stephen King, con la sua aria un po’ da nerd attempato fin da giovane, uno scrittore che ha la capacità di narrare storie deliranti e inquietanti pur rimanendo sostanzialmente una persona normale – se si esclude una parentesi di alcolismo e dipendenze varie – un lavoratore preciso e metodico, un marito, un padre e un nonno. Un essere umano che proprio durante la stesura di On Writing ha rischiato di lasciare le penne su una strada del Maine quando un minivan lo ha travolto mentre stava facendo la sua consueta passeggiata pomeridiana. Eppure King, quasi come il personaggio di un romanzo, lo stesso Paul Sheldon di Misery, è ancora qua, zoppicante, rimesso insieme da diverse dolorose operazioni e da una forza di volontà straordinaria. E ancora scrive tutti i giorni, anche il giorno del suol compleanno e a Natale. Perché c’è un legame indissolubile che lega la sua vita alla scrittura e che riassume magistralmente alla fine del libro:
“No, la scrittura non mi ha salvato la vita, ma come sempre ha contribuito a renderla più felice e radiosa. Scrivere non c’entra con i soldi, diventare famosi, rimorchiare senza problemi, scopare facile o farsi un sacco di amici. Alla fin fine, il nocciolo della questione è arricchire la vostra esistenza e quella dei lettori. È rialzarsi, rimettersi in sesto e passare oltre. Ritrovare la gioia, d’accordo? Ritrovare la gioia.”
Scrivere non solo per dare sfogo ad una sofferenza, come spesso capita, ma per ritrovare la gioia. Penso che non ci possa essere chiusura migliore.
Nota:
Per chi volesse approfondire l’argomento scrittura consiglio anche il testo di Claudio Giunta, Come non scrivere, edito da Utet (2018).
Potete acquistare i due libri su Amazon, cliccando sui link seguenti:
On writing. Autobiografia di un mestiere
Comprato e letto tre volte. E a proposito di scrittura e scrivere, bisogna decisamente “rubare” più che si può da questo libro e dall’autore.
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