Mangia

Perché Dio non ti sbatte una porta in faccia senza prima averti almeno aperto una scatola di biscotti

Ovvero, che cosa ci faccio qui?

 

Prima parte: Italia (Mangia)

Mi sono imbarcata nella prima avventura letteraria iniziata totalmente nel 2016, come anticipato in un post precedente: Mangia, prega, ama di Elizabeth Gilber. Non ho ancora terminato la lettura, ma qualche spunto di riflessione volevo già condividerlo.

Non ho visto il film, non ho letto nessuna precedente recensione. Ho scelto il libro esclusivamente perché mi ha incuriosito il sottotitolo “Una donna cerca la felicità”. Arrivata anche io, ahimé, alla soglia dei fatidici trent’anni, come la protagonista del romanzo, sono anche io alla ricerca di quella che potrebbe essere definita la vera felicità (concetto assolutamente relativo, me ne rendo conto, ma qualche punto fermo nella vita dobbiamo pur cercarlo).

Per quanto riguarda la sua struttura, il romanzo è diviso in tre parti, quasi come fosse omaggio la Divina Commedia, corrispondenti a tre viaggi: l’Italia, India e Indonesia. Ogni capitolo rappresenta quindi uno dei verbi che compongono il titolo. Mangiare, pregare e amare. Già basterebbero queste tre cose per vivere felici.

Il viaggio della protagonista di questo romanzo parte proprio da questo: cosa ti fa essere profondamente infelice nonostante tu abbia una bella casa a New York, un marito che ti ama, un lavoro ben retribuito, la prospettiva di avere dei figli (“Avere un figlio è come farsi un tatuaggio in faccia. Devi essere maledettamente sicuro di volerlo davvero”). Come puoi soffrire di attacchi di panico quando hai già quello che la maggior parte delle persone desiderano anche per tutta una vita? Quando insomma, dovresti considerarti molto più fortunata della media.

Una storia che parte da un momento di crisi, uno di quei bivi della vita di cui tanto si parla, il momento in cui decidi se salire sul treno con la tua bella valigia, oppure guardarlo dalla banchina mentre parte.

Liz, la protagonista, decide di partire, cercando di trasformare in un nuovo inizio la sua crisi. Toccato il fondo, non resta che risalire per non annegare.

Il suo primo punto fermo è: imparare l’italiano. Dietro questa voglia di imparare una lingua parlata in un solo paese c’è ovviamente molto di più. C’è la ricerca del piacere e della bellezza fine a se stessa, senza nessuno scopo pratico. Il tornare a riappropriarsi del tempo della propria vita, uscendo per un attimo da quel frullatore che è l’esistenza adulta. Chi di noi non vorrebbe poterlo fare? Per un anno intero, staccare la spina alla ricerca della vera felicità. Quale luogo migliore per iniziare questo viaggio se non Roma, la città dell’amore per la cucina e per la dolce vita?

Per il momento mi riapproprio del mio tempo e della mia piccola parte di felicità tornando alla lettura.

Spero vogliate scusarmi.

A presto.

 

Paola

Cinque del mattino

Il mio orario perfetto.

L’orario perfetto per scrivere e non perdere neanche un pensiero della notte, per leggere, per fare sport, per riordinare cose e pensieri, per iniziare nel migliore dei modi e sentire che sarà davvero una bella giornata.

Da questo punto di vista penso di essere stata un monaco buddista in una vita precedente: a letto presto e sveglia molto prima del canto del gallo.

MI ritrovo spesso sveglia all’alba, io e una tazza di caffè, quando persino il mio cane mi guarda come se fossi una pazza a lasciare così presto il tepore del letto per buttarmi su un computer a battere dei tasti.

E voi? Quale è la vostra ora migliore per scrivere o per coltivare le vostre passioni?

Se come me avete un lavoro a tempo pieno, una famiglia, dei figli  e un cane, quando riuscite a ritrovare un po’ di tempo per voi?

cinque.jpg

 

Nuovi inizi 

Che poi chi lo sa cosa sarà mai questa felicità di cui tutti parlano. 

Iniziamo un nuovo capitolo, un nuovo viaggio. 

 

“Il momento in cui i tuoi amici hanno bisogno di te è quando hanno torto, Jean Luise. Non hanno bisogno di te quando hanno ragione…”

Righe su Và, metti una sentinella (Go set a watchman) di Herper Lee

 

Premessa dovuta.

Ci sono dei libri che crescono con te, che ti fanno crescere, senza i quali saresti decisamente un’altra persona.

Per me questo libro, IL libro, è stato Il buio oltre la siepe (traduzione un pò troppo libera dall’originale To kill a mockingbird – Uccidere un pettirosso) uscito nel 1960 ed opera della scrittrice statunitense Harper Lee (classe 1926 signore e signori).

Penso di avere avuto più o meno cinque anni quando vidi per la prima volta la trasposizione cinematografica, per la regia di Robert Mulligan, di questo bellissimo romanzo, con la magistrale interpretazione dell’immortale Gregory Peck. Il film, del 1963, ebbe la candidatura a ben otto premi Oscar e ne vinse tre (miglior attore protagonista, miglior sceneggiatura non originale, migliore scenografia). Un vero ed indiscusso capolavoro.

Non ricordo invece quanti anni avevo quando lessi per la prima volta il romanzo, ricordo solo con  quanta gioia dovetti rileggerlo alle medie come compito per le vacanze. Mi sembrò quasi un premio più che una punizione. Mi sedevo su una sdraio al sole, sulla veranda della casa dei miei genitori e passavo ore intere a leggere, immedesimandomi nella piccola “Scout” Finch che corre a piedi nudi per le strade della assolata Maycomb.

Maycomb, città che in realtà non esiste ma che potrebbe identificarsi con una qualunque delle migliaia di cittadine del sud dell’Alabama e che Harper Lee ha plasmato sui ricordi della città della sua infanzia, Monroeville.

Senza rischio di esagerare, questo libro è stato determinante per la mia crescita umana e lo sviluppo della mia coscienza civica. Questo perché, e chiunque lo abbia letto lo può confermare, il libro tocca delle tematiche che erano spigolose negli anni ’50 ma che lo sono ancora oggi: il rapporto con la diversità, i diritti civili, la supremazia immotivata dell’uomo bianco, l’intolleranza e la discriminazione razziale.

Venendo a noi.

Chiedo scusa per la divagazione su Il buio oltre la siepe ma i due romanzi sono ovviamente imprescindibili l’uno dall’altro e avrebbe poco senso parlare solo del secondo.

Và, metti una sentinella, pubblicato in Italia nel novembre del 2015, fa da seguito a quello uscito nel 1960 ma che, come ci dice la stessa autrice, in realtà è stato scritto in precedenza, a metà degli anni ’50 circa.

In questo racconto vengono svelati anche dei dettagli che nel primo romanzo mancano, come la storia d’amore fra Atticus, il padre di Scout, e suo moglie, ma non voglio anticiparvi nulla per non togliervi il gusto della lettura.

Lo sfondo storico di questo romanzo è leggermente differente rispetto al primo: se nel primo i fatti si svolgono durante la grande depressione, ora, vent’anni dopo, siamo nell’Alabama degli anni ’50, dopo quindi la seconda guerra mondiale e in fase di ripresa per l’economia statunitense.

Ritroviamo la piccola Jean Luise Finch “Scout”, diventata ormai una giovane donna, che da New York torna in visita al suo paese natale, ritrovando l’anziano padre Atticus, la sua famiglia  il suo paese che in tutti questi anni non è cambiato. E’ interessante notare la differenza con cui il personaggio di Atticus viene dipinto in questo secondo romanzo. Se nel primo infatti sembra quasi un eroe romantico, qui ne scopriamo il lato più fragile ed umano, un uomo che come tutti commette degli errori, anche se in buona fede e che continua senza tregua a difendere le idee nelle quali crede e si riconosce.

Scout, di contro, fatica a riconoscere in questo anziano l’idea che si era fatta del padre, e da questo punto di vista il libro introduce anche il tema dello scontro fra generazioni: i giovani, idealisti e aperti al cambiamento e alla accettazione del diverso da una parte, e gli anziani ancorati al loro mondo fatto di regole, senza sfumature ma solo in bianco e nero, dall’altra.

Da qui la fatica della protagonista non solo appunto a riconoscere il padre, ma il paese intero, che ancora sembra voler difendere lo status quo della segregazione razziale, incomprensibile già ai suoi occhi di bambina e ancora di più ora che vive in una città cosmopolita come New York. Riuscirà a rimanere a Maycomb oppure cederà alla tentazione di ritornare nella grande città dove bianchi e neri vivono fianco a fianco senza discriminazioni? Riuscirà ad accettare suo padre così come è, consapevole che così era sempre stato anche se lei non riusciva veramente a vederlo? A voi la voglia di trovare una risposta a queste domande leggendo il libro.

In conclusione, devo ammettere che ho faticato a leggere questo romanzo, penso che per comprenderlo appieno sia necessaria una seconda lettura, altrimenti si rischia di perdere dei piccoli passaggi che non sono funzionali alla comprensione della narrazione, ma che sono comunque piccoli dettagli della storia.

A volte nella foga di leggere un libro tutto d’un fiato rischiamo di perderci qualche pezzo.

In questo caso vi consiglio, come facevo io da bambina, una lettura lenta e appassionata, magari all’ombra di una veranda, in un pomeriggio d’estate.

 

 

Siti consultati e per approfondimenti:

https://prezi.com/wupjakk2mq0e/maycomb-alabama-in-the-1930s/

http://www.sparknotes.com/lit/mocking/

“Và, metti una sentinella”

Terminato un altro libro (beate ferie, tutte queste letture mi stanno facendo rinascere).

Và, metti una sentinella, di Harper Lee.

Provo a buttare giù nero su bianco un po’ di pensieri su questo romanzo ma non è facile.

Mi ha lasciato decisamente confusa, nonostante partisse decisamente avvantaggiato vista la mia passione smodata per Il buio oltre la siepe.

Proverò a seguire il vecchio adagio secondo cui la notte porta consiglio. Domani proverò a pubblicare qualche riflessione in merito.

Se qualcuno di voi lo ha già letto, sarò lieta di condividere opinioni e impressioni.

harper lee.jpg

Mi sveglio con questo pensiero…

Un pensiero divergente rispetto al “contenuto” di questo blog.

Mi piace navigare nel mare di blog che esistono sul web, sto imparando tantissimo da ognuno di voi.

E’ bello scoprire quante e quali passioni esistono in questo mondo, e con quanto entusiasmo le persone di ogni età vi si dedichino solo, appunto, per la passione di farlo, e non per un qualche tornaconto (cosa più unica che rara in questa società in cui nessuno fa niente per niente).

Scoprire che c’è tantissima gente che ha qualcosa da dire, da condividere, un oceano di mondi interiori meravigliosi e unici.

La condivisione di qualcosa di intimo e personale, che non sia il banale copia/incolla su Facebook di un post scritto da chissà chi.

Mi state dando tantissimo, e volevo farvelo sapere.

Penso non ci sia modo migliore per iniziare questo 2016.

 

Grazie

 

Paola

 

 

A volte le parole non servono…

Lucca 

   
    
    
     
  

Passeggiando per Firenze in un giorno di sole 

   
 
Jean de Boulogne detto Giambologna 

Ratto delle Sabine (1583) 

Loggia dei Lanzi, Firenze 
Firenze non ti stanca mai. Firenze non dorme mai. Firenze e’ la poesia e l’arte, la vita e l’amore.
Fra tutte le meraviglie di questa città, che ho visitato più volte nella mia vita, ho sempre amato la forza che trasmette questa scultura del fiammingo Giambologna. 

Un’opera che non può essere vista solo frontalmente, bisogna assaporarla da ogni angolatura, scrutarne ogni dettaglio, con uno sguardo alla Loggia e l’altro al bellissimo panorama di Piazza della Signoria dove tutto parla della gloriosa storia di questa città. 
Il Ratto delle Sabine, un solo blocco di marmo, dal quale lo scultore magistralmente riesce a ricavare tre figure che, torcendosi e incastrandosi le une alle altre, rappresentano, oltre alla nota vicenda storica che vede come protagonista il fondatore di Roma, Romolo, le tre eta’ dell’uomo: la giovane, l’uomo e l’anziano che emette un grido di fronte al rapimento.
Una statua che sembra quasi muoversi per lasciarsi ammirare in tutta la sua bellezza, un rapimento che sembra un passo di danza. 

Righe di… Poesia 

Questa brevissima poesia e’ dedicata a tutti i nuovi amori che stanno nascendo così come nasce oggi il nuovo anno. 

Perché nessuna forza e’ più potente e pura in questo mondo che quella di un amore nato già grande.

“Amore che stai lì,

Proprio alla fine della mia mano, 

Arrivato per caso, amato non invano.  
Perdonami,

se non posso smettere di toccarti, 

Come se dovessi ricordare le tue forme per plasmarle io stessa ad occhi chiusi, nella creta che si scalda fra le mie mani.

Comprendimi, 

Se non posso smettere di respirarti, perché mi mancherebbe l’aria. 

Amami, 

Se non posso smettere di viverti perché rimarrei senza vita.” 

   

Firenze

In viaggio verso la Città dell’arte, pronta a rinascere con tanta bellezza.

firenze_panoramica_arte
Firenze, veduta panoramica. Immagine dal sito http://www.italia.it.

 

.

“Tutto qui spira grandezza, gusto, umanità, purezza, e bellezza, nel più alto grado. Credo che sarei più felice qui con voi, che in qualsiasi altro luogo. Ciò è il massimo elogio che io possa fare a questa città.”

Klemens von Metternich