Righe per dire… Grazie 

Il primo anno di questo blog e’ trascorso. Per il 2016 ho in mente tanti progetti che vorrei condividere con tutti coloro i quali avranno la voglia di leggerli.

Nel frattempo volevo ringraziare di cuore tutti voi, pochi o tanti che siate, dipende dai punti di vista, che mi avete seguito in questo strano 2015. 

Grazie a tutti, di tutto cuore.

Buon anno di arte e poesia 

Paola 

Righe su “L’amante giapponese” di Isabel Allende

“Cosa farsene di questa felicità che ci giunge senza motivo?

 Questa felicità che non chiede nulla per poter esistere?”

Cosa?

Di cosa parla l’ultimo romanzo della Allende? Difficile individuare un solo tema.

Verrebbe spontaneo scrivere che parla d’amore, come anticipa il titolo stesso. C’è però molto di più. C’è tutta la riflessione sul senso della vita di una scrittrice dall’animo più che sensibile, che, superata ormai la soglia dei 70 anni, vede assottigliarsi il tempo che le rimane, ma che non smette di immaginare ed inventare personaggi e racconti, di fantasticare sull’Amore e sugli amori. Perché alla fine la qualità della vita si misura solo su questo: sull’amore che lasciamo dopo di noi e su quello ricevuto durante tutta la vita.

Non a caso, a mio parere, la storia inizia proprio in una casa di riposo: Lark House, la casa dell’allodola; il luogo nel quale tutto, per definizione, dovrebbe finire, diventa palcoscenico per la nascita o la riscoperta di  amicizie e nuovi amori.

La Allende mette davanti al lettore tutte le paure umane dell’età matura: cosa rimane di noi quando arriviamo alla fine dei nostri giorni? Come vorremmo essere ricordati? Quali sono le cose per cui vale davvero la pena vivere? Cosa vuol dire vivere pienamente l’amore e le relazioni, senza i vincoli dettati delle convenzioni sociali?

E’ comunque un libro che parla della felicità, concetto così strettamente legato all’amore. Sul diritto dell’uomo a cercare di condurre un’esistenza nella piena felicità, qualsiasi siano le condizioni di vita nelle quali si trova.

Dove e quando?

Difficile definire anche dove si ambienti la storia. La narrazione ha infatti un “qui ed ora” che si svolge ai nostri giorni in California, ma in realtà è un viaggio nel tempo e in spazi diversi, che vanno dal Giappone di inizio secolo all’Europa della seconda guerra mondiale. Un viaggio lungo più di ottant’anni e che abbraccia tre continenti. Impossibile quindi a questo punto definire anche un “quando” in tutta la serie di ricordi e rimandi ad episodi della vita dei vari protagonisti.

Chi?

Chi sono i protagonisti?

Ci sono molte voci nell’ultimo romanzo di Isabel Allende. Ci sono voci protagoniste e voci che invece rimangono sullo sfondo della narrazione e ne dipingono allo  stesso tempo i contorni e i dettagli.

C’è la voce ancora energica e preponderante dell’anziana Alma Belasco. Donna ebrea dallo spirito anticonformista, come la gran parte delle protagoniste femminili dei romanzi della Allende. Una donna che, arrivata ormai alla fine della sua vita ripercorre, per non dimenticare, le tappe della sua lunga esistenza: nata nella straziata Europa a cavallo fra le due guerre mondiali, cresciuta nella ricca borghesia californiana, divisa fra due grandi amori così diversi fra loro, il cugino Nathaniel e Ichimei, che la accompagnano per periodi diversi della sua vita, sovrapponendosi a tratti ma senza mai entrare in competizione l’uno con l’altro.

C’è la voce della giovane moldava Irina Bazili, che assiste con la sua presenza discreta e forte gli anni che Alma trascorre alla casa di cura. Donna giovane ma con un passato tormentato e che la tormenta ancora. Sarà in grado di lasciarsi andare all’amore di Seth, giovane e benestante nipote di Alma o saranno i suoi fantasmi a vincere?

C’è poi la voce silenziosa ma sempre presente di Ichimei, l’amante giapponese. Di lui sappiamo tutto e niente. Impariamo a conoscere lui e la sua famiglia, i Fukuda, nei ricordi di Alma e nelle sue lettere, ma è una presenza che resta impalpabile e quasi irreale. Una voce che ci porta ad una cultura così lontana da quella occidentale, una cultura impregnata delle sue tradizioni e che faticosamente si mescola con l’esterno.

Ma esiste davvero la storia d’amore con Ichimei oppure è solo il frutto del ricordo di una donna anziana?

Ci sono poi tutte le alte voci del coro. Solo per citarne alcune, quelle dalla famiglia Belasco e quella dell’anziano dandy Lenny Beal che si rivela essere, alla fine, molto più di quel che appare.

Come?

Negli ultimi anni i romanzi della Allende hanno sicuramente perso molto dello smalto, della forza e del significato delle sue prime narrazioni, in cui era forte tutto il peso del suo passato nel tormentato Cile. Esaurita questa carica sicuramente emotivamente più pesante, la Allende si è dedicata ad una narrativa più leggera e che può certamente raggiungere un pubblico più vasto.

E’ comunque un romanzo che vale la pena di essere letto ed assaporato, che permette di essere spettatori, per il tempo concesso dalla lettura, di una storia d’amore che supera ogni barriera di tempo e spazio.

Paola Cavioni

 

Letture consigliate, della stessa autrice:

  • La casa degli spiriti, Feltrinelli 1983
  • D’amore e ombra, Feltrinelli 1985
  • La figlia della fortuna, Feltrinelli 1999
  • Ritratto in seppia, Feltrinelli 2001
  • Inés dell’anima mia, Feltrinelli 2006
  • La somma dei giorni, Feltrinelli 2008

 

L'amante giapponese_ narrativa

Presto sul blog…

L'amante giapponese_ narrativa

Sto scrivendo la recensione dell’ultimo romanzo di Isabel Allende, nei prossimi giorni la pubblicherò sul blog.

Qualcuno di voi lo ha letto?

Notti di arte

  Michelangelo – Sibilla Delfica

Amore perduto

Cosa siamo in questo universo

Se non siamo insieme?

Quale mano Creatrice toccando il suo punto più alto

Ha permesso l’incontro di queste anime affini?

Cosa siamo in questo mondo

Se non siamo insieme?

Dispersi come un Ulisse che mai arriverà alla sua Itaca.

Ci illudiamo sentendo il canto delle sirene

Che quella sia la nostra strada.

Cosa siamo in questa vita

Se non siamo insieme?

Come un ruscello senza foce

Che vaga senza meta

Nell’utopia di tornare alla sorgente

E trovare forse li un po’ di pace.

Cosa siamo noi se non siamo insieme?

Solo dispersi nel vento come i peccator carnali.

Vagando nella speranza di poter un giorno

Dire al mondo la forza di quell’ amore che fu.

particolare di Amore e psiche stanti, di Antonio Canova
particolare di Amore e psiche stanti, di Antonio Canova

Poesia compagna di viaggio

POESIA

La poesia langue ma non muore. Torna all’occorrenza, quando sa di essere cercata.

Se ti prende la porti con te, per sempre.

Poesia,

sei una compagna amata e scomoda.

Passione desiderata e odiata. Senza scampo.

Oh Musa orgogliosa e meschina.

Non sei per tutti, e fai male con la tua presenza.

Quando arrivi improvvisa e cerchi uno sfogo

E il foglio bianco diventa l’unico appiglio.

Unica via di fuga.

E vuota è l’anima come dopo l’amore,

dopo ogni parola fissata per sempre.

Gli amanti – Paolo e Francesca

Oggi voglio condividere un testo che ho scritto ripensando, in chiave “moderna” e senza troppi termini aulici, alla più celebre coppia di amanti della Storia, tanto celebrata da poeti e pittori in tutte le epoche. Paolo e Francesca.

Ho scelto come immagine-simbolo di queste righe il famoso quadro di Mosè Bianchi (1840 – 1904) Paolo e Francesca del 1877.

La tragica storia dei due amanti-cognati si svolge a Rimini nella seconda metà del XIII secolo. Francesca da Polenta viene data in sposa, per motivi politici legati alla rivalità fra le famiglie dei da Polenta e dei Malatesta, a Gianciotto Malatesta, un uomo anziano e zoppo (da cui il soprannome “ciotto”, ovvero storpio) che lei non ama.

Boccaccio ci dice che il matrimonio si svolge però per procura, con il fratello di Gianciotto, Paolo Malatesta. Il resto è noto, soprattutto grazie al magistrale Canto V della Divina Commedia di Dante, scritta negli anni appena successivi alla vicenda degli amanti di Rimini. I due, mentre leggono dell’amore fra Lancillotto e Ginevra (“Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante” ), non resistono alla forza del loro sentimento e, cedendovi, firmano la loro condanna a morte.

I due amanti sono nell’Inferno dantesco, anche se vengono descritti come “animi gentili”, nobili e in qualche modo ancora puri. Un amore pulito, anche se traditore.

Come nel canto dantesco, Mosè Bianchi li ritrae, l’uno che teneramente avvolge il fianco dell’altra, spinti dal vento, su uno sfondo dorato. Più che due amanti condannati all’inferno sembrano quasi due angeli. I protagonisti sono solo loro.

Guardando questo bellissimo quadro e leggendo il canto di Dante, non è difficile immedesimarsi in quel tipo di sentimento, in quel trasporto, in quel tipo di amore che sfida ogni cosa.

Mosè Bianchi Paolo e Francesca (1877) Acquerello e oro su carta Galleria GAM di Milano
Mosè Bianchi
Paolo e Francesca (1877)
Acquerello e oro su carta
Galleria GAM di Milano

 

Ci sono storie d’amore fuori tempo. Che arrivano troppo tardi o troppo presto. Che nascono nel momento sbagliato fra le anime giuste. Storie vere che ardono senza consumarsi mai, perché il solo modo che hanno per fare l’amore è immaginarlo fra i versi di una poesia, di un libro. Storie che si nutrono di scambi di sguardi e di baci fugaci che cercano con voracità di portarsi via un po’ del sapore dell’altro, per poi passare la lingua sulle labbra e ricordarsi una espressione del viso, uno sguardo, un guizzo dell’anima. Storie d’amore che sanno di Paradiso pur essendo destinate all’Inferno.

Ci sono occhi destinati a guardarsi per sempre pur non appartenendosi mai, pur appartenendo ad altre Vite. Pur non potendosi appartenere completamente. Occhi che scavano fino a trovare, e loro soli, quella luce che il mondo non vuole vedere perché raramente si manifesta nell’Uomo. Occhi che nascondono al mondo il filo sottile che li lega come un terribile segreto.

Ci sono vite vissute in parallelo, in bilico tra l’amore comodo dell’abitudine e la passione che porta all’Eternità. Che fa paura per la sua interezza. Che va oltre il bene e il male quando bene e male si fondono e il peccato non esiste ma esiste solo l’innocenza dell’Amore.

Ci sono mani che si osservano da lontano, che hanno paura di stringersi per non dover trovare il coraggio di lasciarsi.

E poi ci siamo noi, che ancora siamo spinti e trascinati dal vento di questo amore senza ritorno.

Stagioni

Terra bagnata.

Gelata.

Anche così ne sento l’odore.

Novembre, da questa finestra la osservo.

Sento la pioggia a febbraio.

Acqua che forse disseta anche troppo.

Respiro l’aroma  di primavera nell’aria di marzo,

sempre dalla stessa finestra.

Ed è sempre la terra a parlarmi.

Che brucia, e brucia ancora.

Sotto il sole di luglio che ha lunga vita nel giorno.

Brucia la terra in agosto, fin dal mattino.

Colori mischiati di erba e cielo,

E dove finisce l’una, l’altro lo abbraccia.

Una tavolozza d’impressionista, densa e intensa.

E gli occhi si perdono in questa vastità.

Occhi che vedono ma sentono insieme,

Oltre l’umano sentore.

Leggo in quel cielo, in quella terra

Il susseguirsi delle stagioni nella loro eterna danza.

Serve domandarsi che senso abbia tutto questo?

Cosa ha portato i miei occhi oggi, quale combinazione di casi.

La natura è fatta per porre domande,

E non volere risposte.

Solo così si continua a vivere.

Paola Cavioni

1 febbraio 1801 – 11 febbraio 1848

Thomas Cole

Paesaggio del pittore Thomas Cole. Olio su tela  Corcoran Gallery of Art, Washington, DC, USA
Paesaggio del pittore Thomas Cole.
Olio su tela
Corcoran Gallery of Art, Washington, DC, USA

Il più assoluto naturalismo, quasi una fotografia, e spunti di romanticismo, si uniscono nella pittura del fondatore della Hudson River School, artista statunitense ma di origine inglese.

Un mondo idealizzato, in pace con la natura, senza le brutture della guerra. L’uomo in pace con se’ stesso e con Madre Natura.

L’arte americana che sarà di ispirazione al grande romanticismo europeo di Turner e Constable.

A mia figlia

Voce di bambina.

Voce gaia, come il nome che porti.

Voce senza passato da raccontare, che ha solo qui e adesso.

Tutto o niente.

Amore o rifiuto.

Inconsapevole ancora della grandezza del suo Animo,

che già intravedo nell’indaco dei suoi occhi.

Sei solo emblema di gioia e riccioli sparsi di luce.

Nel mio cuore sei  tutto il cuore,

che batte dal preciso istante in cui iniziò  a battere il tuo.

Cammina sempre così,

a passi leggeri,

per non sprofondare in questo mondo.

Paola Cavioni

A mia figlia
A mia figlia