Happy Birthday Cavern Club!

There is a place
Where I can go
When I feel low
When I feel blue
And it’s my mind
And there’s no time when I’m alone

There’s A Place (Lennon-McCartney), dall’album Please Please Me

Quello che Picasso ha rappresentato per le arti visive, i Beatles lo hanno rappresentato per la musica.

Oggi ricorre il compleanno di un luogo che molto ha a che fare con la storia della band inglese che ha rivoluzionato i canoni della musica del suo tempo e impresso un’impronta indelebile nella musica a livello mondiale.

Esattamente 60 anni fa a Liverpool, al numero 10 di St. Mathew Street, veniva inaugurato il Cavern Club, il mitico locale che all’inizio degli anni ’60 ha visto la nascita del fama dei Beatles, ancora prima dell’arrivo di Ringo Starr. Si potrebbe definire il luogo da cui tutti è partito.

Anche se del locale originale ormai rimane ben poco, il mito rimane immutato.

I’m glad it’s your birthday, Cavern!

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Work in progress …

“A partire dagli scultori greci, non è mai esistita una generazione di artisti

così umilmente e interamente intenta alla esaltazione della bellezza”

 

Algernon Swinburne

 

dante-gabriel-rossetti-proserpina

Quando si dice fedeltà

Io ci sarò. 

Per sostenerti nelle letture piacevoli e davanti ai mattoni.

Con la pioggia e con il sole.

In salute e in malattia (la tua).

Finché copridivano ci terrà unite. 

Amen 

Mantova, in poche righe

Ogni volta che mi capita di visitare una città d’arte italiana non posso fare a meno di pensare a quanto io sia fortunata, da amante profana dell’arte quale sono, a vivere proprio in Italia, nonostante i ben noti problemi che il bel paese ha, soprattutto di questi tempi.

In questa domenica, che finalmente porta con sé un po’ di autunno, ho potuto visitare la “Capitale italiana della cultura 2016”: Mantova, una città crocevia di ben tre regioni: Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.

Certo, visitare in poche ore una città così ricca di opere d’arte con una bambina di cinque anni che, nella sua innocente esuberanza, finge di fare la caccia al tesoro nelle stanze di Palazzo Ducale, è una esperienza impegnativa paragonabile a una mezza maratona.

Ma, nonostante questo, torno a casa con una piacevole sensazione di pienezza (e non parlo solo di quella “fisica” dovuta ad un ottimo pranzo domenicale a base di cucina tipica mantovana). E’ la pienezza di chi si è riempito gli occhi e l’anima di tanta immensa bellezza, la stessa che si prova dopo aver visto una qualsiasi opera di Giotto o Michelangelo.

Oggi per me Mantova ha il viso dolce di una ragazza con i capelli scuri e la treccia che, seduta in un angolo della maestosa basilica rinascimentale di Sant’Andrea, ne copia le magnifiche architetture interne, disegnandole a penna su un blocco da disegno.

Mantova ha i colore azzurro del cielo nella Camera picta nel Castello di San Giorgio, regalo dei Gonzaga e del Mantegna a tutta l’umanità (e quindi anche a me).

Mantova ha il profumo del vento che accompagna lo scorrere del Mincio che protegge e culla la città.

Mantova ti porta nelle orecchie il suono delle battaglie che l’hanno resa non solo grande, ma anche capitale rinascimentale, che ancora brilla per la magnificenze del Palazzo Ducale, città nella città seconda per dimensione, in Italia, solo al Vaticano.

Mantova ha il rispettoso silenzio dovuto ai Martiri di Belfiore, primi patrioti italiani.

Mantova ha il sapore dolce del lambrusco, ma è forte come i sassi delle sue strade.

Mantova ha il nome di Virgilio, dei Gonzaga, dell’Alberti e di Mantegna, di Pisanello e di Giulio Romano, di Matilde di Canossa.

Insomma, Mantova in queste poche ore mi ha mostrato mille volti, mi ha affascinato e incuriosito. Già so che ci dovrò tornare.

Firenze

In viaggio verso la Città dell’arte, pronta a rinascere con tanta bellezza.

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Firenze, veduta panoramica. Immagine dal sito http://www.italia.it.

 

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“Tutto qui spira grandezza, gusto, umanità, purezza, e bellezza, nel più alto grado. Credo che sarei più felice qui con voi, che in qualsiasi altro luogo. Ciò è il massimo elogio che io possa fare a questa città.”

Klemens von Metternich

1 febbraio 1801 – 11 febbraio 1848

Thomas Cole

Paesaggio del pittore Thomas Cole. Olio su tela  Corcoran Gallery of Art, Washington, DC, USA
Paesaggio del pittore Thomas Cole.
Olio su tela
Corcoran Gallery of Art, Washington, DC, USA

Il più assoluto naturalismo, quasi una fotografia, e spunti di romanticismo, si uniscono nella pittura del fondatore della Hudson River School, artista statunitense ma di origine inglese.

Un mondo idealizzato, in pace con la natura, senza le brutture della guerra. L’uomo in pace con se’ stesso e con Madre Natura.

L’arte americana che sarà di ispirazione al grande romanticismo europeo di Turner e Constable.

Tina Modotti: sguardi di modernità all’inizio del ventesimo secolo

Oaxaca, Messico 1929, argento su gelatina, cm 22,6 x 15,3 (Fototeca INAH, Pachuca)
Oaxaca, Messico 1929, argento su gelatina, cm 22,6 x 15,3 (Fototeca INAH, Pachuca)

“Tina vita fragile sogno sensuale, amore in bianco e nero che non può più invecchiare”

Con questa delicatezza Cisco Belotti (ex frontman del gruppo folk Modena City Rambles) nell’ omonima canzone Tina, descrive una delle mie fotografe predilette: Tina Modotti.

In tanti hanno scritto e parlato di questa grande artista dall’animo sensibile del ‘900, che non ha avuto la fortuna di avere la stessa fama postuma della Kahlo o di Rivera, ma che tanta parte del suo cuore e della sua arte ha lasciato nel Messico degli anni ’20 e ’30 del Novecento. Uno sguardo di modernità all’inizio del ventesimo secolo, compagna nella vita e nell’arte del grande Edward Weston.

Nel 1926, parlando proprio della sua amica Assuntina “Tina”, Diego Rivera scrive: “Tina Modotti trae linfa dalle radici del suo temperamento italiano. La sua opera artistica è fiorita però in Messico, raggiungendo una rara armonia con le nostre stesse passioni” (tratto dal testi di R.Toffoletti, Tina Modotti. Perché non muore il fuoco, Edizioni Arti Grafiche Fiulane, Udine 1992).

La vita di Tina Modotti si intreccia in quattro grandi temi della storia del Novecento. Il primo è quello della grande immigrazione italiana, in particolare verso gli Stati Uniti e l’America Latina, che caratterizza soprattutto il Friuli Venezia Giulia, regione di provenienza della Modotti (nasce a Udine il 16 agosto 1896). C’è poi la storia dell’arte e della fotografia, entrambi che risentono dei grandi sconvolgimenti portati dalle due guerre mondiali.

Il terzo tema è quello legato alla storia delle donne e del movimento per l’affermazione del ruolo femminile in campo sociale e artistico. Ultimo, ma non certo per importanza, è il tema politico, in particolare la serie di eventi storici legati allo sviluppo del comunismo internazionale negli anni che vanno dalla rivoluzione russa alla seconda guerra mondiale.

L’arte della Modotti è una meteora, un fuoco che nasce con la forza dell’autocombustione e che brucia violentemente, anche se solo per pochi anni, come la stessa vita di Tina, che muore a soli 46 anni. La sua produzione fotografica è stimata in circa 160 fotografie (1923-30) delle quali circa un terzo possono rientrare in quel genere che può essere definito di costume, folkloristico, che vuole illustrare, con l’occhio di una italiana trapiantata in sud America, luoghi esotici, gruppi etnici o marginali, nelle forme dell’arte occidentale. Ma non solo: la dignità che il lavoro manuale conferisce all’uomo, la gioia insita nel produrre con le proprie mani e la propria fatica, la bellezza fisica e la forza espressiva che si percepisce dai corpi e dai volti dei lavoratori. Uno “sguardo sociale” assolutamente moderno, che restituisce dignità ad ogni soggetto che ritrae.

Tina è tante cose nel corso della sua vita: modella, attrice, fotografa, attivista politica ma, pur non essendo mai diventata madre, riesce a immortalare i suoi soggetti con lo stesso occhio amorevole di una madre che guarda la propria creature, che se ne prende cura e la protegge. Amore e forza, passione e dedizione, questa è tutta la sua vita.

Riferimenti bibliografici:

P. Albers, Fuoco, neve e ombre. Vita di Tina Modotti, Postmedia Books, Milano, 2003

L. Argenteri, Tina Modotti. Fra Arte e rivoluzione, edizione Franco Angeli, Milano, 2005

P. Cacucci, Tina, Feltrinelli, Milano 2005

T. Modotti, Vita arte e rivoluzione. Lettere ad Edward Weston 1922-31, volume a cura di V. Agostinis, Feltrinelli, Milano 1994

E. Paltrinieri, Tina Modotti fotografa irregolare, Selene Edizioni, Milano, 2004