Ti amo in tutti i TAG del mondo

Questo è il riflessione di questa mattina. E ci sono arrivata con uno strano giro di pensieri.

Ora vi spiego meglio.

Il primo episodio è successo qualche giorno fa. Mi sono comprata una piccola sveglia da comodino, perché sono stufa di dover tenere sempre acceso il cellulare, seppure in modalità offline. Non so se sbaglio qualcosa io, ma tutti i fenomenali poteri cosmici dell’iphone, sveglia inclusa, vengono meno se si spegne l’aggeggio (beati i Nokia dell’anteguerra, che con la sveglia si riaccendevano da soli). Mia figlia Gaia, quattro anni e mezzo di pura adrenalina e ciccia da mordicchiare, guarda quello strano oggetto sul comodino e molto candidamente mi chiede “Mamma ma che cos’è?”. In effetti non ci avevo mai riflettuto. i bambini dell’età di mia figlia molto probabilmente non dovranno mai sopportare il bi-bi-bi delle sveglie di una volta, che ti svegliavano con la stessa delicatezza di una doccia gelata in pieno dicembre.

E poi stamattina. Stamattina ho rivisto una mia vecchia fotografia, anno 2006 credo, che Facebook mi ha riproposto nella sezione “Accadde oggi”.

E’ una fotografia scattata ad una classica cena fra amici, ai tempi delle fotografie sviluppate e non solo conservate nella memoria del telefonino o condivise sui social. Più che pensare al fatto che sono già passati 10 anni da quello scatto (che mi fa pensare che ai tempi avevo solo 20 anni, aiuto!), mi ha fatto uno strano effetto vedere che portavo un ingombrantissimo orologio al polso. E che ne andavo anche fiera nel 2006. Che a quei tempi l’orologio diventava parte integrante del look con cui uscivi di casa.

C’è stata la moda di orologi grandi come bussole, poi quelli di plastica piccoli e colorati, poi quelli a stampe floreali, poi il periodo del Chronotech. Poi i cellulari e i polsi vuoti. Penso che ormai non sarei neanche più in grado di tenerlo per una giornata intera, mi sentirei stringere. Ora c’è il cellulare a dirti che ore sono, a svegliarti la mattina, a ricordarti gli appuntamenti, a farti il backup della vita.

Premetto, non sono contraria alla tecnologia e ai social network, dato che lo stesso mondo dei blog di cui faccio parte è un social. Però la presenza così ingombrante di questo tipo di tecnologia e delle centinaia di social network ha modificato tantissimo anche il modo in cui vengono vissuti i rapporti umani in generale.

Ti innamori, ti fidanzi o ti lasci? Su Facebook cambi lo status da single a impegnato e viceversa, passando per tutte le varianti di “impegnato in una relazione complicata” o “in una coppia aperta”.

Scopri di essere incinta? Condividi sul Instagram una foto #gravidanza #tiaspettiamo #tantoamore #tuttalavita #5settimanedinoi #bebèabordo

Litighi con la ex del tuo fidanzato? Twitti un post di fuoco, ovviamente senza specificare a chi ti stai rivolgendo perché tanto LEI lo capirà.

Ma è quando si è innamorati, o si è convinti di esserlo, che si da il meglio di sé sui social. Si condividono album interi di fotografie, si ricorda ogni giorno a tutto il mondo quanto fantastica sia la persona con cui stiamo. Bacheche piene di cuori e baci in bella posa, filtrati e studiati ad arte. Sembra quasi che si debbano colmare dei vuoti che ormai la vita vera non riesce più a riempire, obbligandoci alla realtà virtuale per dare un senso compiuto alle nostre relazioni.

Ti taggo, ti aggiungo a fotografie e post.

Per fare un paragone artistico e riprendere quello che è il tema principale del blog, mi viene in mente quanto scritto dall’umanista Leon Battista Alberti.

Nella sua opera De statua, composta ipoteticamente attorno al 1460, distingue due tipologie di scultura: per via di porre e per via di levare. Ci sono i modellatori che tolgono e aggiungono (quindi pongono) materiali molli per giungere all’opera compiuta, ma appunto sono solo modellatori, le cui opere, per quanto belle, sono facilmente scalfibili. I veri scultori sono coloro che invece levano dalla pietra tutto ciò che è superfluo, e arrivano così alla figura perfetta che già era contenuta nel blocco iniziale.

Secondo me in amore è un po’ la stessa cosa: ci sono quelli che pensano di amarsi e che devono continuare ad aggiungere pezzi per evitare che l’amore si sgretoli come una scultura di cera.

Chi si ama veramente invece è come lo scultore: toglie tutto ciò che non serve e giunge alla vera sostanza dei sentimenti. Non ha bisogno di aggiungere troppe parole, cose, fotografie, dimostrazioni pubbliche dei propri sentimenti. Deve solo levare per arrivare al vero amore. Solo in questo modo l’opera d’arte può resistere nel tempo, così come resiste la pietra.

Il pensiero di oggi era questo, l’amore ai tempi dei social.

 

Buona domenica

Paola

Cinque del mattino

Il mio orario perfetto.

L’orario perfetto per scrivere e non perdere neanche un pensiero della notte, per leggere, per fare sport, per riordinare cose e pensieri, per iniziare nel migliore dei modi e sentire che sarà davvero una bella giornata.

Da questo punto di vista penso di essere stata un monaco buddista in una vita precedente: a letto presto e sveglia molto prima del canto del gallo.

MI ritrovo spesso sveglia all’alba, io e una tazza di caffè, quando persino il mio cane mi guarda come se fossi una pazza a lasciare così presto il tepore del letto per buttarmi su un computer a battere dei tasti.

E voi? Quale è la vostra ora migliore per scrivere o per coltivare le vostre passioni?

Se come me avete un lavoro a tempo pieno, una famiglia, dei figli  e un cane, quando riuscite a ritrovare un po’ di tempo per voi?

cinque.jpg

 

Mi sveglio con questo pensiero…

Un pensiero divergente rispetto al “contenuto” di questo blog.

Mi piace navigare nel mare di blog che esistono sul web, sto imparando tantissimo da ognuno di voi.

E’ bello scoprire quante e quali passioni esistono in questo mondo, e con quanto entusiasmo le persone di ogni età vi si dedichino solo, appunto, per la passione di farlo, e non per un qualche tornaconto (cosa più unica che rara in questa società in cui nessuno fa niente per niente).

Scoprire che c’è tantissima gente che ha qualcosa da dire, da condividere, un oceano di mondi interiori meravigliosi e unici.

La condivisione di qualcosa di intimo e personale, che non sia il banale copia/incolla su Facebook di un post scritto da chissà chi.

Mi state dando tantissimo, e volevo farvelo sapere.

Penso non ci sia modo migliore per iniziare questo 2016.

 

Grazie

 

Paola

 

 

Firenze

In viaggio verso la Città dell’arte, pronta a rinascere con tanta bellezza.

firenze_panoramica_arte
Firenze, veduta panoramica. Immagine dal sito http://www.italia.it.

 

.

“Tutto qui spira grandezza, gusto, umanità, purezza, e bellezza, nel più alto grado. Credo che sarei più felice qui con voi, che in qualsiasi altro luogo. Ciò è il massimo elogio che io possa fare a questa città.”

Klemens von Metternich

Presto sul blog…

L'amante giapponese_ narrativa

Sto scrivendo la recensione dell’ultimo romanzo di Isabel Allende, nei prossimi giorni la pubblicherò sul blog.

Qualcuno di voi lo ha letto?

Gli amanti – Paolo e Francesca

Oggi voglio condividere un testo che ho scritto ripensando, in chiave “moderna” e senza troppi termini aulici, alla più celebre coppia di amanti della Storia, tanto celebrata da poeti e pittori in tutte le epoche. Paolo e Francesca.

Ho scelto come immagine-simbolo di queste righe il famoso quadro di Mosè Bianchi (1840 – 1904) Paolo e Francesca del 1877.

La tragica storia dei due amanti-cognati si svolge a Rimini nella seconda metà del XIII secolo. Francesca da Polenta viene data in sposa, per motivi politici legati alla rivalità fra le famiglie dei da Polenta e dei Malatesta, a Gianciotto Malatesta, un uomo anziano e zoppo (da cui il soprannome “ciotto”, ovvero storpio) che lei non ama.

Boccaccio ci dice che il matrimonio si svolge però per procura, con il fratello di Gianciotto, Paolo Malatesta. Il resto è noto, soprattutto grazie al magistrale Canto V della Divina Commedia di Dante, scritta negli anni appena successivi alla vicenda degli amanti di Rimini. I due, mentre leggono dell’amore fra Lancillotto e Ginevra (“Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante” ), non resistono alla forza del loro sentimento e, cedendovi, firmano la loro condanna a morte.

I due amanti sono nell’Inferno dantesco, anche se vengono descritti come “animi gentili”, nobili e in qualche modo ancora puri. Un amore pulito, anche se traditore.

Come nel canto dantesco, Mosè Bianchi li ritrae, l’uno che teneramente avvolge il fianco dell’altra, spinti dal vento, su uno sfondo dorato. Più che due amanti condannati all’inferno sembrano quasi due angeli. I protagonisti sono solo loro.

Guardando questo bellissimo quadro e leggendo il canto di Dante, non è difficile immedesimarsi in quel tipo di sentimento, in quel trasporto, in quel tipo di amore che sfida ogni cosa.

Mosè Bianchi Paolo e Francesca (1877) Acquerello e oro su carta Galleria GAM di Milano
Mosè Bianchi
Paolo e Francesca (1877)
Acquerello e oro su carta
Galleria GAM di Milano

 

Ci sono storie d’amore fuori tempo. Che arrivano troppo tardi o troppo presto. Che nascono nel momento sbagliato fra le anime giuste. Storie vere che ardono senza consumarsi mai, perché il solo modo che hanno per fare l’amore è immaginarlo fra i versi di una poesia, di un libro. Storie che si nutrono di scambi di sguardi e di baci fugaci che cercano con voracità di portarsi via un po’ del sapore dell’altro, per poi passare la lingua sulle labbra e ricordarsi una espressione del viso, uno sguardo, un guizzo dell’anima. Storie d’amore che sanno di Paradiso pur essendo destinate all’Inferno.

Ci sono occhi destinati a guardarsi per sempre pur non appartenendosi mai, pur appartenendo ad altre Vite. Pur non potendosi appartenere completamente. Occhi che scavano fino a trovare, e loro soli, quella luce che il mondo non vuole vedere perché raramente si manifesta nell’Uomo. Occhi che nascondono al mondo il filo sottile che li lega come un terribile segreto.

Ci sono vite vissute in parallelo, in bilico tra l’amore comodo dell’abitudine e la passione che porta all’Eternità. Che fa paura per la sua interezza. Che va oltre il bene e il male quando bene e male si fondono e il peccato non esiste ma esiste solo l’innocenza dell’Amore.

Ci sono mani che si osservano da lontano, che hanno paura di stringersi per non dover trovare il coraggio di lasciarsi.

E poi ci siamo noi, che ancora siamo spinti e trascinati dal vento di questo amore senza ritorno.

Stagioni

Terra bagnata.

Gelata.

Anche così ne sento l’odore.

Novembre, da questa finestra la osservo.

Sento la pioggia a febbraio.

Acqua che forse disseta anche troppo.

Respiro l’aroma  di primavera nell’aria di marzo,

sempre dalla stessa finestra.

Ed è sempre la terra a parlarmi.

Che brucia, e brucia ancora.

Sotto il sole di luglio che ha lunga vita nel giorno.

Brucia la terra in agosto, fin dal mattino.

Colori mischiati di erba e cielo,

E dove finisce l’una, l’altro lo abbraccia.

Una tavolozza d’impressionista, densa e intensa.

E gli occhi si perdono in questa vastità.

Occhi che vedono ma sentono insieme,

Oltre l’umano sentore.

Leggo in quel cielo, in quella terra

Il susseguirsi delle stagioni nella loro eterna danza.

Serve domandarsi che senso abbia tutto questo?

Cosa ha portato i miei occhi oggi, quale combinazione di casi.

La natura è fatta per porre domande,

E non volere risposte.

Solo così si continua a vivere.

Paola Cavioni

1 febbraio 1801 – 11 febbraio 1848

Thomas Cole

Paesaggio del pittore Thomas Cole. Olio su tela  Corcoran Gallery of Art, Washington, DC, USA
Paesaggio del pittore Thomas Cole.
Olio su tela
Corcoran Gallery of Art, Washington, DC, USA

Il più assoluto naturalismo, quasi una fotografia, e spunti di romanticismo, si uniscono nella pittura del fondatore della Hudson River School, artista statunitense ma di origine inglese.

Un mondo idealizzato, in pace con la natura, senza le brutture della guerra. L’uomo in pace con se’ stesso e con Madre Natura.

L’arte americana che sarà di ispirazione al grande romanticismo europeo di Turner e Constable.

A mia figlia

Voce di bambina.

Voce gaia, come il nome che porti.

Voce senza passato da raccontare, che ha solo qui e adesso.

Tutto o niente.

Amore o rifiuto.

Inconsapevole ancora della grandezza del suo Animo,

che già intravedo nell’indaco dei suoi occhi.

Sei solo emblema di gioia e riccioli sparsi di luce.

Nel mio cuore sei  tutto il cuore,

che batte dal preciso istante in cui iniziò  a battere il tuo.

Cammina sempre così,

a passi leggeri,

per non sprofondare in questo mondo.

Paola Cavioni

A mia figlia
A mia figlia

2 ottobre 1869 – 30 gennaio 1948

Mahatma Gandhi“Mantieni i tuoi pensieri positivi perché i tuoi pensieri diventano parole.
Mantieni le tue parole positive perché le tue parole diventano i tuoi comportamenti.
Mantieni i tuoi comportamenti positivi perché i tuoi comportamenti diventano le tue abitudini.
Mantieni le tue abitudini positive perché le tue abitudini diventano i tuoi valori.
Mantieni i tuoi valori positivi perché i tuoi valori diventano il tuo destino.”

Immagine tratta dal sito: http://webneel.com/wallpaper/gandhi-jayanthi-wallpaper-5