Righe su “Non lasciarmi” di Kazuo Ishiguro

Non lasciarmi (Never let me go, Einaudi 2005, traduzione di Paola Novarese)

“Mi chiamo Kathy H. Ho trentun anni, e da più di undici sono un’assistente. Sembra un periodo piuttosto lungo, lo so, ma a dire il vero loro vogliono che continui per altri otto mesi, fino alla fine di dicembre […] Ma so per certo che sono soddisfatti del mio lavoro, tanto quanto, nell’insieme, lo sono io. I miei donatori hanno sempre reagito meglio del previsto.”

Per parlare di Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro (nato in Giappone nel 1954 ma cresciuto in Inghilterra) è obbligatoria una premessa: bisogna per forza dare qualche anticipazione sulla trama e sui protagonisti del romanzo, senza ovviamente svelarne il finale (penso che non me lo perdonereste mai).

Partiamo dalla definizione: Non lasciarmi è un romanzo ucronico (che parolone per un venerdì pomeriggio).

Cosa vuol dire questo termine dal suono così duro?

Il romanzo ucronico (letteralmente “di nessun tempo”) è un genere di narrativa, a metà fra il romanzo fantastico, lo storico e per certi versi il fantasy, che parte dalla premessa che la storia del mondo abbia avuto un corso differente rispetto alla realtà (per gli amanti del cinema, Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino è un esempio dello stesso genere di narrazione).

Non lasciarmi inizia in Inghilterra alla fine degli anni ‘90, ma poi è tutto un lungo flashback.

Il mondo è quello che conosciamo, tranne per i protagonisti della storia.

Kathy (la voce narrante), Tommy e Ruth vivono insieme ad altri ragazzi ad Hailsham, un collegio immerso nella campagna inglese. I ragazzi che vivono e studiano in questo collegio che sembra una comune non hanno cognome (solo una lettera puntata, Kathy H.), non hanno fratelli o sorelle, non hanno genitori o famiglia, ma non sono neanche orfani, e non possono avere figli.

Ad Hailsham i ragazzi studiano l’arte e la letteratura con i loro insegnanti ma scoprono anche ogni giorno cosa significano sentimenti come amicizia e amore vivendo sempre in compagnia di coetanei, e si interrogano sul loro futuro fuori dal collegio.

La responsabile della struttura è una donna che tutti conoscono come Madame, che regolarmente selezione e porta via con sé le opere d’arte migliori prodotte dagli ospiti della scuola.

Ma cosa rende così particolari Kathy, insieme agli altri ragazzi, e soprattutto il loro istituto?

Ed è qui che bisogna anticipare il tema fondamentale del libro per poterne parlare.

Gli ospiti del collegio non sono ragazzi normali perché, più o meno a metà del libro, scopriamo che sono dei cloni umani creati appositamente per diventare, un giorno, donatori di organi.

Esseri viventi, con dei sentimenti, destinati ad essere fatti “a pezzi” per salvare altre vite.

Nel loro futuro non ci può essere un lavoro, una famiglia, dei viaggi, perché il loro destino è stato scritto nel momento stesso della loro creazione. Ma forse una speranza c’è, e ha molto a che fare con l’amore… Ma mi fermo qua per non togliere l’effetto sorpresa.

Dal punto di vista narrativo, il romanzo è diviso in tre parti che corrispondono grosso modo al racconto di infanzia, adolescenza e età adulta.

Non lasciarmi è scritto con lo stile inconfondibile e già maturo di Ishiguro, sul quale non è necessario spendere parole dato che parla per lui la sua vittoria al Nobel per la Letteratura nel 2017.

La grande forza del romanzo risiede nella domanda drammaturgica che fa nascere la storia: è giusto creare una vita e sacrificarla per salvarne un’altra?

Fino a che punto la scienza si può muovere, entrando in modo preponderante nel campo dell’etica e della morale?

Le domande ovviamente rimangono senza risposta, ognuno trovi la propria.

Quello che posso dire è che personalmente rilevo altre due critiche alla società moderna occidentale.

La prima è il fatto che i ragazzi di Hailsham studino materie artistiche. Forse perché queste sono considerate dalla società come inutili e superficiali? È più sacrificabile un futuro Pablo Picasso oppure un futuro Stephen Hawking? L’arte costringe lo spirito ad una evoluzione, ma forse non è quello che la società occidentale materialista vuole.

Il secondo tema, preponderante, è legato al fatto che ognuno di noi, quando nasce, abbia già un destino che è in gran parte segnato. Segnato dalla propria condizione famigliare, dal proprio paese, dal proprio stato di. Non sono molti quelli che riescono a sottrarsi a questo destino, che nella società in cui viviamo consiste per molti nel prendere un titolo di studio, trovare un lavoro, comprare una casa, fare figli e lavorare fino alla pensione o fino alla morte. Che comunque alla fine arriva per tutti, indipendentemente dalla nostra felicità in questo mondo.

È quindi un libro che, in ultima analisi, ci parla di amore, ma anche di cosa vuol dire veramente felicità e libertà.

Nel 2010 dal romanzo di Ishiguro è stato tratto un film omonimo diretto da Mark Romanek e ha, tra i protagonisti, anche Keira Knightley nel ruolo di Ruth. Carey Mulligan presta il volto a Kathy.

La pellicola si aggiudica il British Independent Film Award nello stesso anno della sua uscita.

Paola Cavioni

Non lasciarmi si può acquistare anche su Amazon, clicca QUI per accedere direttamente al negozio online con il link affiliazione di Righediarte.

Se ti sono piaciuti gli articoli e le recensioni di Righediarte, condividili sui tuoi canali social e iscriviti subito al blog per non perdere i prossimi post.

Righediarte è anche su Facebook e Instagram (@righediarte – Paola Cavioni).

Puoi leggere la mia recensione di Quel che resta del giorno, il più famoso dei romanzi di Kazuo Ishiguro, al seguente link: https://righediarte.com/tag/ishiguro/

Donne dell’anima mia di Isabel Allende

“Ho vissuto in un mare in tempesta, con onde che mi portavano sulla cresta e poi mi facevano precipitare nel vuoto. Queste ondate sono state così forti in passato, che nei periodi in cui tutto andava bene, invece di rilassarmi e godermi la pace del momento, mi preparavo alla successiva violenta caduta, che credevo inevitabile.

Adesso non è più così. Ora navigo alla deriva, giorno per giorno, contenta del semplice fatto di galleggiare finché è possibile.”

Isabel Allende

C’è chi si affida al comfort food nei momenti di tristezza o malinconia.

Io preferisco un buon comfort book, e Isabel Allende è sicuramente in cima alla lista degli autori che riescono sempre a farmi stare bene, a prescindere da tutte le circostanze.

Sono consapevole che non valuterò mai in modo oggettivo la sua opera perché è troppo grande la stima e l’ammirazione che nutro nei confronti di questa donna che con i suoi libri riempie la mia vita da oltre vent’anni, da quando, grazie al consiglio di una cara amica, lessi La casa degli spiriti e mi si aprì un mondo: quello magico, tragico e meraviglioso dei personaggi usciti dalla penna di Isabel Allende.

Ricordo con grandissima emozione il momento in cui ebbi occasione di vederla di persona alla fine del 2019. Si trovava in Italia per la presentazione di Lungo petalo di mare, in una Feltrinelli in centro a Milano così gremita, che solo qualche mese dopo sarebbe stato impensabile e impossibile organizzare un evento simile.

Io fui tra i fortunati che riuscirono a vederla e ascoltarla bene perché ero davvero a pochi metri da lei.

Fra lacrime di emozione – le mie – trovai esattamente la Allende che mi ero sempre immaginata: spiritosa, profonda, decisamente folle (ma quale animo artistico non è un po’ folle?) e sempre innamorata. Innamorata del suo nuovo marito (il terzo, di cui parla anche in Donne dell’anima mia), innamorata ancora della scrittura, innamorata del Cile anche se non è più la sua casa da molti anni ormai, innamorata della vita e riconoscente per tutto quello che le ha dato, nel bene e anche nel male.

Perché la sua non è stata una vita semplice: l’abbandono del padre quando era solo una bambina, l’esilio durante gli anni della dittatura di Pinochet in Cile, la malattia e la morte dell’amata figlia Paula, solo per fare qualche esempio.

Una donna però che non si è mai lasciata abbattere dagli eventi e che riesce ancora a trasmettere una grandissima carica, la stessa che leggiamo nei suoi romanzi che da sempre parlano di donne solo apparentemente fragili, ma dotate in realtà di una forza straordinaria.  

Anche da una riflessione su tutte le eroine che hanno popolato le sue storie, nasce Donne dell’anima mia (Feltrinelli editore), scritto nei primi mesi del 2020, terminato a marzo nel pieno della prima ondata di Coronavirus, e uscito alla fine dell’anno appena trascorso.

Il titolo riprende quello di un suo precedente romanzo, Inés dell’anima mia, del 2006.

C’è da premettere che in questo caso non si tratta di un vero e proprio romanzo ma una sorta di breve autobiografia rivista sotto la lente di ingrandimento del suo femminismo “innato”.

“Non esagero quando dico che sono femminista dai tempi dell’asilo, da prima che questo concetto entrasse nella mia famiglia.”

Isabel Allende

Il libro si articola in brevi capitoli tematici che seguono un flusso di pensieri più che un ordine logico o cronologico, come se fossimo di fronte alla trascrizione di un diario, scritto sotto la spinta di un bisogno intimo di fissare nero su bianco in maniera indelebile i ricordi, per farne tesoro in questi anni della “maturità”.

Isabel Allende parla di sua madre Panchita, inconsapevole causa del suo femminismo, proprio lei così legata ai tradizionali ruoli maschili e femminili, della figlia e della sua malattia, delle nipoti, del rapporto con le donne che nel corso degli anni le sono state vicine in vario modo (dalla sua editor alle amiche), e dall’esempio di queste donne ci trasporta in una riflessione generale che è la fotografia della condizione della donna nel mondo di oggi, delle speranze per il futuro e per una reale uguaglianza fra uomo e donna.

Con lo stile profondo ma anche ironico che da sempre caratterizza la sua scrittura, la Allende regala ai lettori tanti ricordi preziosi legati alla sua vita lunga e ricchissima, rivivendoli senza malinconia ma con la determinazione di chi ha fatto tesoro di ogni evento e vuole vivere pienamente fino all’ultimo istante.

Forse per la prima volta in modo così chiaro e diretto, Isabel Allende racconta le sue convinzioni personali e politiche perché in Donne dell’anima mia, tra un ricordo e l’altro, parla di immigrazione, di contraccezione e di aborto, del mondo occidentale dove si vive sempre più a lungo ma spesso la vecchiaia è vista erroneamente come una malattia, della tutela delle donne soprattutto nei paesi in cui anche solo nascere è una sfida, se non si ha la “fortuna” di essere uomini.

La Isabel che ci sorride dalla seconda di copertina in Donne dell’anima mia è ancora affascinante, con lo stesso sguardo e lo stesso sorriso cui siamo ormai abituati.  

L’unica cosa che è cambiata negli anni sono i capelli, che ora porta bianchissimi, testimonianza esteriore del tempo che passa, dei suoi anni che non rimpiange, della sua saggezza.

Consiglio Donne dell’anima mia a chi è già un lettore di Isabel Allende, mi sembra quasi scontato dirlo, ma anche a chi ancora non la conosce perché la lettura di questo libro sarà certamente scintilla di curiosità per scoprire l’opera di una delle voci più importanti dell’America Latina.

Paola Cavioni

Puoi acquistare Donne dell’anima mia su Amazon. Cliccando qui sarai reindirizzato direttamente sullo shop e potrai acquistare il libro dal link affiliazione di Righediarte.

Per tutte le informazioni sull’autrice puoi consultare il sito web ufficiale (in lingua inglese e in spagnolo) https://www.isabelallende.com

Se ti sono piaciuti gli articoli e le recensioni di Righediarte, condividili sui tuoi canali social e iscriviti subito al blog per non perdere i prossimi post.

Righediarte è anche su Facebook e Instagram (@righediarte – Paola Cavioni).