“Gli orologi dicevano che era mattino
a distanza le campane sollecitavano la notte –
Qui tuttavia il tempo non aveva fondamento
Perché l’epoca si estingueva.”
Emily Dickinson, 1870, n.1159
Month: febbraio 2017
25 febbraio 2017 – Tanti auguri Papà
Where do I find the words to say?
How do I teach him?
What do we play?
Bit by bit, I’ve realized
That’s when I need them,
That’s when I need my father’s eyes.
My father’s eyes – Eric Clapton
Oggi utilizzo il mio blog per degli auguri speciali.
Buon compleanno all’uomo che mi ha messo al mondo e che oggi spegne sessantacinque candeline.
Sono auguri fatti nell’unico modo che sento veramente mio, a te che sei motivo del mio amore per i libri e per la scrittura.
Tanti auguri a te, che ancora ti fai chiamare papi da due figlie ultra trentenni.
Tanti auguri a te, un uomo generoso, che dalla vita hai avuto tanto, ma tanto hai anche saputo restituire, in modo gratuito, a chiunque chiedesse aiuto.
Tanti auguri a te che non ti fermi mai, neanche adesso che sei in pensione.
Tanti auguri a te, nonno laureato.
Tanti auguri a te che non hai paura del futuro.
Da piccoli si pensa che crescendo si abbia sempre meno bisogno dei genitori, personalmente credo sia il contrario. Mi rendo conto sempre più di quanto ho bisogno della vostra vicinanza, del vostro sostegno. Soprattutto del confronto con te, papà, di tutti i nostri discorsi sulla storia, sulla musica, sui libri che stiamo leggendo.
E mi rendo conto di somigliarvi tanto, a te e alla mamma: la sua dolcezza e la tua curiosità intellettuale sono caratteristiche che sento mie da sempre.
Sono grata di ogni secondo che Gaia ha trascorso con voi nei suoi quasi sei anni, ha una fortuna che a me purtroppo il destino non ha concesso. Sono grata per tutto il tempo che ancora trascorrerà con voi.
Sono stata una figlia inaspettata, ma non per questo meno amata.
Vi ringrazio per ogni singolo ricordo della mia infanzia, ci avete dato tutto quello che un genitore possa dare ad un figlio, e non sto parlando di cose materiali. Grazie per Stefano e per Valeria. Anche ricordare le litigate di quando eravamo bambini e di tutto il casino che facevamo in casa, adesso mi fa sorridere.
Sorrido oggi pensando ai lunghi viaggi in macchina d’estate, in cinque su una golf senza aria condizionata, con la mamma che cantava come un juke box dall’inizio alla fine del viaggio per farci stare buoni.
Sorrido pensando a quella vacanza in montagna dove non riuscivamo ad attraversare il fiume e tu hai fatto avanti e indietro portandoci a turno in spalla.
Sorrido pensando ai sabati dove ci portavi tutti e tre a giocare a tennis, forse per lasciare alla mamma qualche ora di riposo. Io con una racchetta più grande di me, mentre cercavo di attirare la tua attenzione. Adesso che anche io sono mamma, vedo questi ricordi sotto un’altra luce.
Sorrido pensando a te che, dopo lunghe giornate di lavoro, giocavi a pallavolo con noi nel cortile di casa, sere d’estate, con il campo tracciato con il gessetto e la rete di filo di lana.
Sorrido pensando a te che alla fine cedi alle nostre suppliche e ci accompagni in canile a scegliere un cagnolino da adottare.
Siete esempio di vita. Di chi la vita la sa attraversare a testa alta, senza farsi incattivire dagli eventi. Nella gioia e nel dolore.
Di chi dal dolore, quello più grande, ha saputo trarre insegnamento, per apprezzare ancora di più la vita e i suoi doni.
Sono una donna fortunata, conosco le mie radici, so che sono ben piantate in voi e che per quanto l’albero possa vacillare, non c’è vento che lo possa abbattere.
Sono fortunata ad avervi accanto ogni giorno. Sono fortunata ad aver visto la vostra emozione quando vi abbiamo detto che sareste diventati nonni.
Ti voglio bene Pà, per tutto questo e per altri mille motivi.
Tanti auguri, il meglio deve ancora venire.
Chi vuole scrivere impari prima a leggere
Per una sera abbandono la mia amata narrativa in favore della manualistica.
Studiare la teoria per migliorare la pratica.
Buona serata a tutti
Nelle poesie trovi sempre le parole giuste
Buona domenica lettori
Vorrei scrivere …
La vita, in questa parte di mondo, è sempre più frenetica.
Il tempo libero è un bene che si misura con il contagocce e coltivare una passione extra-lavorativa è un’impresa da supereroi, soprattutto quando come me si hanno dei figli piccoli.
I momenti per stare da soli, per coltivare i propri interessi, oppure semplicemente per riflettere sulla propria vita, sono un lusso di pochi e spesso capita di sentirsi obbligati alla vita in società.
E allora il tempo passato nella propria macchina, inchiodati dal traffico nel tragitto fra la casa e il lavoro (e viceversa) diventa per assurdo un prezioso momento di riflessione.
Come direbbero gli anglosassoni: me, myself and I. E la musica ovviamente, preziosa alleata dei migliori pensieri.
Sono quelli i momenti in cui rifletto anche sulle cose di cui vorrei scrivere.
Perché di cose di cui scrivere ce ne sarebbero tantissime.
Vorrei scrivere di quel viaggio in Irlanda che mi ha fatto arrivare fino alla fine del mondo, affacciata sulle scogliere delle ventose isole Aran, rivolta verso l’oceano ad immaginare la distanza dal continente più vicino.
Vorrei scrivere dei nonni che accompagnano i bambini a scuola, mano nella mano, con una lentezza ed una pazienza che ai genitori troppo spesso non è concessa.
Vorrei scrivere dell’emozione di quando ritrovi delle fotografie in bianco e nero dei tuoi nonni, e pensi che anche loro sono stati giovani, i loro capelli non erano bianchi e la loro pelle era liscia. E pensi che un giorno assomiglierai a loro.
Vorrei scrivere della mia di nonna, che ha aspettato mio nonno per sette lunghi anni, perché prima di partire per la guerra si erano dati un bacio, il che equivaleva ad un fidanzamento. Vorrei scrivere della bicicletta di mio nonno.
Vorrei scrivere del profumo delle mattine di marzo, quando assapori l’arrivo della primavera nella prima luce del mattino.
Vorrei scrivere di quelle idee che ti vengono quando ti svegli la notte e che al mattino ti sei già dimenticato.
Vorrei scrivere di tutte le risposte che mi vengono un giorno dopo aver discusso con qualcuno. Vorrei scrivere di chi, come me, non ha tempismo per le cose.
Vorrei scrivere di quell’uomo che ho visto ieri, che faceva volantinaggio per le vie del mio paese. Sulle spalle uno zaino da bambina.Vorrei scrivere di tutti quelli come lui che mantengono i loro figli con la dignità dei lavori più umili.
Vorrei scrivere dei giovani del nostro paese, del coraggio di chi va e di quello di chi resta.
Vorrei scrivere di tutte le persone che, come me, hanno perso un fratello ( o una sorella). Vorrei scrivere mille punti di domanda – perché proprio a me? – e mille punti esclamativi su un dolore che non potrà mai passare, perché per tutta la vita ti sentirai derubato di una parte di te.
Vorrei scrivere del silenzio delle biblioteche e del profumo dei libri.
Vorrei scrivere della rabbia che sale davanti alla persone che giudicano ma che non muovono un dito.
Vorrei scrivere di quel crampo allo stomaco che ti viene quando capisci di esserti innamorato, e di quando invece capisci di non amare più.
Vorrei scrivere di tutte le canzoni che ti entrano sotto la pelle e che non smetteresti mai di ascoltare. Perché ascoltare una bella canzone è come fare l’amore.
Vorrei scrivere di tutto questo e di molto altro.
Vorrei.
“Cominciai a sognare anch’io insieme a loro, poi l’anima d’improvviso prese il volo …”
Il destino non gli ha concesso il lusso – o la sfortuna? – di invecchiare.
Il tempo non è riuscito a cancellare la sua memoria.
La sua poesia lo ha reso immortale.
“Mille anni al mondo mille ancora
che bell’inganno sei anima mia”
Buon compleanno Faber, ovunque tu sia.
Fabrizio De Andrè (18 febbraio 1940 – 11 gennaio 1999)
Buongiorno …
“Esattamente come fanno quei film che ad una certa velocità innaturale ci permettono di osservare fenomeni-come lo sbocciare di un fiore- invisibili a occhio nudo, così la lettura ci dimostra che non è sufficiente che le cose accadano, per conoscerle: e laddove nella vita la “sensazione del cambiamento” ci viene risparmiata, nei personaggi di un libro possiamo scoprire questa verità che, seppure dolorosa, è il segreto stesso del nostro destino.”
Da “Il nostro cuore cambia”: Proust e le rivelazioni della lettura di Emanuele Trevi
“Quando si legge non si impara qualcosa, ci si trasforma in qualcosa”
La mente ha degli strani meccanismi di associazione degli eventi.
Nella mia memoria il Cile ha il volto sorridente di un esiliato conosciuto durante una vacanza in Croazia con la mia famiglia nel 1999. Non ricordo il suo nome, ma ricordo mio padre che mi racconta la sua storia: si era dovuto trasferire in Europa perché, giovane studente di sinistra, non poteva rischiare la vita nel suo paese d’origine.
A quattordici anni però ancora non conoscevo la travagliata storia contemporanea del Cile e di tanti altri paesi dell’America Latina. Non conoscevo ancora Perón, Batista e Fidel Casto, Allende e Pinochet.
La storia del golpe di Pinochet, in particolare, l’avrei conosciuta qualche anno più tardi, attraverso gli studi superiori e soprattutto dai libri di Isabel Allende (1942). Avrei letto ne La casa degli Spiriti la descrizione del primo tragico 11 settembre della storia contemporanea, quello del 1973, del Palacio de La Moneda che brucia sotto i bombardamenti dell’esercito, della repressione, delle sevizie ai dissidenti, dei desaparecidos. La dittatura ha a disposizione un intero vocabolario.
Diversi autori hanno trattato il tema del golpe in Cile, anche Luis Sepulveda (1949) ne Il Generale e il Giudice, ma Isabel Allende è indubbiamente la voce più nota, anche data la sua parentela con il presidente Salvador Allende, caduto proprio durante il golpe, forse suicidatosi proprio durante l’attacco al palazzo presidenziale.
Oggi, dopo il libro di Marcela Serrano (1951) Il giardino di Amelia (La Novena), conosco anche un’altra triste realtà che era all’ordine del giorno durante gli anni della dittatura cilena. Il confino.
Una storia che abbraccia , attraverso gli occhi dei protagonisti, gli ultimi trent’anni la storia del Cile.
Il libro si apre con il protagonista, il giovane Miguel Flores, che, sospettato di svolgere attività contro il regime, viene mandato al confino in una piccolo paese ad un’ora e mezza da Santiago, senza mezzi di comunicazione con il resto del mondo.
In questa sua nuova condizione di esiliato, Miguel trova protezione ed amicizia in una ricca vedova, Amelia, proprietaria della tenuta La Novena. Una donna dai modi diretti, anticonvenzionali che lo protegge, si prende cura di lui, lo fa riflettere sul mondo, sul potere della memoria, sulla vita e soprattutto lo avvicina al mondo dei libri.
“Mi piace tirar tardi, ma soprattutto con i miei libri […] Sapessi quante vite vivo! Se non leggessi, dovrei farmi bastare la mia vita e per quanto divertente possa essere, è sempre e soltanto una. Troppo poco per me.”
Tra i due nasce una forte complicità che sfocia in un’intimità che si intuisce, benché non mai esplicitamente descritta. Un rapporto che sembra sincero, fino a quando Amelia viene arrestata e torturata con l’accusa di aver favorito un dissidente. Miquel non è lì con lei per difenderla e renderle il favore: fugge in Inghilterra e riesce a rifarsi una vita, ancorché divorato dal senso di colpa. Devono passare vent’anni prima che l’uomo riesca a tornare nel suo paese, per cercare quello che è rimasto della Novena e di Amelia. Ma vent’anni non sono forse troppi?
In tutto il romanzo, la dittatura fa da sfondo alle vicende dei protagonisti, e raramente viene descritta nelle sue peggiori manifestazioni, in questo Marcela Serrano si conferma un’autrice delicata e accessibile a tutti. Il giardino di Amelia guida il lettore in un percorso a ritroso, dal 2005 al 1985, compiuto dal protagonista per fare pace con il suo passato, per affrontare il senso di colpa dell’aver abbandonato la donna che lo aveva salvato, nel corpo e nello spirito.
Paola Cavioni
Il giardino di Amelia
“Eppure imparo più cose sulla natura umana dai romanzi che dalle creature in carne e ossa. Credimi, posso scorgere la grandezza e le miserie, le luci e le ombre di ciascuno, l’ambiguità, quanto buoni e quanto cattivi possiamo essere. Insomma, là dentro incontro la vita.”
Domani sul blog, la recensione dell’ultimo romanzo di Marcela Serrano.